Di Luca Lovisolo*
Cosa penseremmo se in una nostra città assistessimo alla carica di forze di sicurezza che entrano in un museo, ordinandone la chiusura e lo svuotamento; oppure se celebri artisti venissero improvvisamente arrestati? E’ ciò che accade nella Russia di oggi. Riassumo alcune storie delle quali è difficile trovare dettagli sui media internazionali, per conoscerle bisogna seguire le poche testate indipendenti russe o avere contatti personali sul posto. Testimoniano di un clima acerbo, ben lontano dall’immagine di rocciosa immobilità che il sistema-Putin vuole offrire di sé.
Nato nel 1969 a Rostov sul Don, il regista Kirill S. Serebrennikov ha diretto produzioni per i maggiori teatri russi ed è ben noto anche all’estero. E’ espressione di quella parte di società russa più aperta alla discussione sui valori tradizionali. Ne è un esempio il film Učenik («Lo studente»), titolato in italiano «Parola di Dio.», Serebrennikov si scaglia contro il fanatismo religioso cristiano ortodosso e critica la stretta relazione tra Chiesa e politica. Si è sempre espresso contro l’annessione russa della Crimea e a favore della comunità LGBT. Due sue produzioni, il film sul compositore Pëtr I. Čajkovskij e lo spettacolo dedicato al ballerino Rudolf Ch. Nureev, parlano apertamente dell’omosessualità dei protagonisti. Per questo motivo, i fondi pubblici destinati alla sua produzione su Čajkovskij sono stati drasticamente tagliati (il film è poi uscito con altre forme di finanziamento) [1]. Nell’agosto 2017 il regista è stato arrestato per presunta truffa e tratto agli arresti domiciliari. Gli è stato così impedito, tra l’altro, di allestire personalmente lo spettacolo su Nureev. Con cinici decreti giudiziali annunciati pochi giorni prima della liberazione, l’arresto di Serebrennikov è stato prolungato di tre mesi in tre mesi e perdura sino a oggi [2].
Meno noto è il ricercatore Jurij A. Dmitriev, nato a Petrozavodsk nel 1956 e autore di preziose ricerche sulle fosse comuni del periodo staliniano. Nelle sue pubblicazioni, Dmitriev elenca minuziosamente decine di migliaia di vittime da lui esumate in Carelia. Per quest’attività ha ricevuto nel 2005 la «Penna d’oro della Rus’», nel 2015 la Croce d’oro al merito della Polonia e nel 2016 il Diploma d’onore della Carelia. Dopo aver constatato un improvviso disinteresse delle autorità per il suo lavoro, a inizio del 2017 Dmitriev è stato arrestato per possesso di materiale pedopornografico e armi da fuoco. Gli stessi periti del Tribunale hanno poi accertato che il materiale oggetto delle accuse non aveva contenuto pedopornografico: eppure, a inizio 2018 Dmitriev è stato sottoposto a perizia psichiatrica, che tuttavia ha escluso l’esistenza di patologie mentali. A dispetto di questi pareri favorevoli, la Procura ha chiesto per lui la condanna a una pena detentiva di 9 anni. Il Tribunale lo ha assolto dai reati di pedopornografia, ma lo ha condannato a 2 anni e mezzo per il possesso di un vecchio componente di un’arma, pena compensata con la carcerazione preventiva già subita, ma a giugno Dmitriev è stato nuovamente arrestato [3]. La sua attività contrasta con la riabilitazione del mito di Stalin in corso in Russia. Torna in mente ciò che Putin dichiara nel film agiografico dedicatogli da Oliver Stone: «Demonizzare eccessivamente Stalin significa attaccare l’Unione sovietica e la Russia.» La vicenda di Dmitriev sembra l’attuazione giudiziaria di questo postulato.
Una menzione speciale merita il Centro internazionale e Museo Roerich di Mosca, una ONG che gestisce una parte importante dell’eredità del pittore russo Nikolaj K. Roerich, attivo nella prima metà del Novecento. In passato, hanno presieduto il Centro Michail S. Gorbačëv e Evgenij M. Primakov, già Ministro degli esteri e poi capo del Governo russo. Il Centro è stato diretto dall’accademica Ljudmila V. Šapošnikova, alla quale Putin stesso, nel 2006, ha conferito l’Ordine dell’amicizia. Da alcuni anni il Centro è bersaglio di una ventina di procedimenti giudiziari per cause quanto meno sorprendenti. Con un intervento delle forze speciali OMON, nel marzo 2017 i dipendenti del Museo sono stati sloggiati e le sale svuotate dei preziosi reperti, di cui lo Stato sembra voler appropriarsi, sebbene numerosi atti pubblici attestino che il Centro ne è legittimo erede. La sede del Museo, una grande villa a pochi passi dal Cremlino, restaurata grazie a donazioni private, è ora utilizzata da soggetti statali [4].
Le azioni giudiziarie contro questi uomini ed enti di cultura presentano numerosi tratti comuni. Comportano indagini preliminari su fatti astrusi o abnormi, sono collegate a misure precautelari e cautelari smisurate, sembrano ignorare principi fondamentali di diritto processuale, persino il ne bis in idem. Anche di fronte alle accuse più inverosimili, occorre che la giustizia faccia il suo corso: a suscitare più di un sospetto, qui, è la mancanza di adeguatezza e proporzionalità. D’altra parte, non tutti sembrano così pronti ad adeguarsi. Dmitriev ha trovato un tribunale che lo ha almeno parzialmente assolto; il direttore del Teatro Bol’šoj, Vladimir G. Urin, ha coraggiosamente criticato l’arresto di Serebrennikov, pubblicamente e con una lettera a Putin; il Centro Roerich continua l’attività e ha querelato il Ministro della Cultura, Vladimir R. Medinskij, dinanzi al Comitato Investigativo Federale [5]. Il regime ha le armi per colpire gli operatori culturali, ma parti di apparato e di società civile resistono.
Si potrebbero citare altre storie, dal registra ucraino Oleh G. Sencov, prigioniero in Russia con accuse di terrorismo, al celebre attore Konstantin A. Rajkin, «punito» con una mezza dozzina di inchieste giudiziarie contro il suo teatro, dopo aver denunciato pubblicamente le ingerenze della politica nella cultura [6]. Casi che attestano la dipendenza fra poteri giudiziario e politico, ma anche l’inasprimento del controllo governativo sulla scena culturale. Sono colpite anche personalità che fino a pochi anni fa lo Stato premiava: una svolta sembra essersi verificata nel 2012, all’inizio del terzo mandato Putin e con i cambiamenti intervenuti ai vertici del Ministero della Cultura [7]. Le vicende del Museo Roerich e di K.A. Rajkin riaffermano la volontà di controllo patrimoniale e intellettuale della mano pubblica su attività culturali gestite con successo da privati; i casi Serebrennikov, Dmitriev e Sencov tacitano voci che si levano contro gli atti con i quali Putin ha rafforzato il suo consenso interno dal 2014/15 (in particolare gli interventi in Ucraina e Siria) o contro valori che il Governo ritiene «non negoziabili» in tema di religione, storiografia o morale sessuale. Inquietato anche dal cattivo andamento dell’economia, il sistema-Putin ha sempre più bisogno della fedeltà della scena culturale.
*Ricercatore indipendente
NOTE
[1] Il contributo previsto di 240 milioni di rubli è stato ridotto a 30, che il regista a dimostrativamente restituito allo Stato, ricercando finanziamenti esteri. Cfr. Režisser Fil’ma o Čajkovskom vernet 30 mln gosudarstvu (Il regista del film su Čajkovskij restituisce 30 milioni allo Stato), BBC News Russkaja Služba, 19.9.2013(https://www.bbc.com/russian/russia/2013/09/130919_serebrennikov_film_tchaikovsky)
[2] Cfr. Sergej Lebedenko, Sud prodlil domašnij arest Kirilla Serebrennikova do 19 sentjabrja (Il Tribunale ha prorogato gli arresti domiciliari di Kirill Serebrennikov sino al 19 settembre), Novaja Gazeta, 16.8.2018, (https://www.novayagazeta.ru/news/2018/08/16/144229-sud-prodlil-domashniy-arest-kirilla-serebrennikova). [3] La vicenda giudiziaria di Dmitriev si può seguire in lingua inglese sul sito www.dmitrievaffair.com, non aggiornato ai più recenti sviluppi (ultima visita di chi scrive: 14.9.2018), ma ricco di informazioni per il lettore non russofono. Una completa e recente sintesi, in lingua russa, contenente anche contributi filmati e un’intervista alla figlia di Dmitriev, Ekaterina Klodt, è uscita in occasione del nuovo arresto dello storico e si trova in: Ljubov’ Čižova, Bol’no na eto smotrel’. Doč’ Dmitrieva – o novom dele protiv istorika (Guardava addolorato: la figlia di Dmitriev sul nuovo processo contro lo storico), Radio Svoboda, 28.6.2018 (https://www.svoboda.org/a/29325554.html). [4] I dettagli del caso di trovano nell’intervista da me raccolta a Mosca presso i responsabili del Centro: Un museo vuoto: Russia tra cultura e propaganda, LucaLovisolo.ch, 27.3.2018 (http://www.lucalovisolo.ch/internazionale/russia/un-museo-svuotato-russia-tra-cultura-e-propaganda.html); si veda anche il sito del Centro, https://save.icr.su . [5] Cfr. Centr Rerichov prosit SK privleč’ ministra Medinckogo k ugolovnoj otvetstvennosti (Il Centro Roerich chiede al Comitato investigativo di chiamare il ministro Medinskij a rispondere penalmente), RAPSI – Agenzia russa di informazione giuridica e giudiziaria, 24.4.2018 (http://rapsinews.ru/incident_news/20180424/282573404.html). [6] Cfr. l’appassionato intervento tenuto da Rajkin nell’ottobre del 2016 dinanzi al congresso dell’Unione degli Operatori Teatrali della Federazione Russa, contro le ingerenze della politica nella cultura, sul canale YouTube dell’Unione (https://www.youtube.com/watch?v=4YYws-SefMQ) e la sintesi del caso curata da Ol’ga Timofeeva: Za zaborom – Čto ctoit za skandalom meždu Konstantinom Rajkinym i Vladimirom Medinskim (Oltre il recinto: cosa c’è dietro lo scandalo tra Konstantin Rajkin e Vladimir Medinskij), Novaja Gazeta, 25.11.2017 (https://www.novayagazeta.ru/articles/2017/11/25/74680-za-zaborom). [7] L’attuale Ministro della Cultura russo, Vladimir R. Medinskij, è stato anche al centro di una polemica che ha coinvolto l’Università di Ca’ Foscari di Venezia, che nel 2014 gli aveva conferito il titolo di Honorary Fellowship. Le proteste fra studenti e docenti seguite a questo conferimento, poi annullato, hanno suscitato ampia eco e comportato le dimissioni della prorettrice Silvia Burini. V., fra i molti: Caso Medinskij Bufera su Ca’ Foscari lascia il pro-rettore, Il Gazzettino, 22.5.2014 (https://www.ilgazzettino.it/pay/nazionale_pay/caso_medinskij_bufera_su_ca_foscari_lascia_pro_rettore-425166.html)