Cosa deve fare lo Stato (italiano)

Quando si discute di impresa e diritti umani l’attenzione normalmente tende a focalizzarsi su ciò che le imprese fanno, o non fanno, dal punto di vista della prevenzione dell’impatto negativo sui diritti umani derivante dalle loro operazioni economiche (in merito si veda il contributo di Bonfanti in questo dossier). Purtroppo, ci si sofferma in misura molto minore sul ruolo, non meno importante, che in tale ambito è svolto dagli Stati e dalle loro istituzioni e ciò costituisce una metodologia di approccio al tema in esame limitata ed insufficiente. Nelle righe che seguono ne intendiamo illustrare sinteticamente le principali ragioni, nonché i passi che sono richiesti agli Stati, ed ovviamente allo Stato italiano, in tale ambito.

Il primo Pilastro dei Principi Guida ONU e l’obbligo di proteggere dello Stato

I Principi Guida su impresa e diritti umani, adottati nel 2011 dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (su cui si rinvia al contributo di Macchi in questo dossier), sono costituiti da un insieme di tre Pilastri, il primo riguardante il ‘dovere di proteggere’ che incombe sugli Stati, il secondo relativo alla responsabilità delle imprese di rispettare, ed il terzo concernente l’accesso ai rimedi per le vittime di violazioni. Questi tre Pilastri, sebbene abbiano per protagonisti tre diverse categorie di soggetti (lo Stato con le sue istituzioni, l’impresa con l’enfasi circa i suoi meccanismi di governance, e le vittime ed i loro difensori), sono strettamente interconnessi ed interdipendenti tra loro: questo nel senso che l’effettiva realizzazione dei principi contenuti in ciascuno dei Pilastri presuppone la corretta realizzazione dei principi contenuti negli altri Pilastri.

Le disposizioni contenute nel primo Pilastro costituiscono disposizioni che sono in larga parte ricognitive di norme già cristallizzate e generatrici di obblighi che già pendono sugli Stati in base al sistema internazionale di tutela dei diritti umani. In effetti, in base ai trattati internazionali sui diritti umani e in base alla consolidata prassi dei meccanismi di controllo di tali trattati, gli Stati sono obbligati a proteggere gli individui dalle violazioni dei diritti umani poste in essere da attori privati, incluse le imprese.

Insomma, di un obbligo dello Stato trattasi! E non certo di una semplice facoltà, che lo Stato è libero di esercitare o meno. Questo obbligo di proteggere costituisce un obbligo positivo, cioè esso presuppone un dovere dello Stato di agire, di fare. In altre parole, lo Stato non può limitarsi a rimanere inerte ma deve ‘mettere mano’ al proprio ordinamento giuridico al fine di adempiere siffatto obbligo. In mancanza, le vittime possono far valere la responsabilità internazionale dello Stato dinanzi ai meccanismi di garanzia previsti da ciascun singolo trattato (ad esempio, e giusto per rimanere nel contesto europeo, dinanzi alla Corte europea dei diritti umani).

È esattamente a tale ruolo proattivo dello Stato che rinvia la prima parte del Principio 1 quando afferma che gli “Stati hanno l’obbligo di proteggere gli individui dalle violazioni dei diritti umani compiute, all’interno del loro territorio e/o della loro giurisdizione, da parte di terze parti, incluse le imprese”*. La seconda parte del Principio 1 chiarisce poi che tale ruolo proattivo degli Stati si sostanzia nella necessità di adottare le misure appropriate per prevenire, investigare, punire, e rimediare le violazioni dei diritti umani poste in essere da siffatti attori non statali.

Un ventaglio di misure… ma di che tipo?

L’interrogativo che ne discende è: ma allora quali sono e che tipo di misure occorre che lo Stato adotti per adempiere questo obbligo di proteggere? Ebbene la prassi delle corti internazionali e degli altri organismi di monitoraggio in materia ci dice che gli Stati hanno a disposizione un ventaglio di misure, alcune di tipo generale, altre di tipo più specifico, da selezionare al fine di dare attuazione a siffatto obbligo. Tali misure sono esemplificate nel Principio 3 ed in quelli ad esso successivi.

Esiste innanzitutto un gruppo di misure che possiamo definire di carattere generale e che presuppongono che lo Stato organizzi l’ordinamento interno in modo da creare un sistema normativo, amministrativo, giudiziario ecc. che sia astrattamente in grado di proteggere gli individui dalle violazioni dei diritti umani da parte delle imprese. Insomma allo Stato è richiesto di disciplinare interi settori, come ad es. il diritto societario, la normativa sulla sicurezza, quella sull’accesso alla quotazione in borsa, l’ordinamento giuslavoristico, la normativa ambientale, ecc., in modo coerente con l’esigenza di prevenire i rischi di violazione dei diritti umani connessi alle attività delle imprese, proteggendo le potenziali vittime e prevedendo i necessari meccanismi di rimedio.

Un secondo gruppo di misure di carattere più specifico attiene ad una serie di fattispecie caratterizzate dal rischio di violazioni dei diritti umani da parte delle imprese e nelle quali gli Stati generalmente giocano, per diversi motivi, un ruolo. I Principi 4 e seguenti sono dedicati a tali fattispecie nelle quali rientrano ad esempio i processi di privatizzazione da parte dello Stato dell’erogazione di servizi di pubblica utilità che possono avere un impatto negativo sul godimento dei diritti umani; il sistema degli appalti pubblici; le operazioni economiche condotte dalle imprese in aree affette da conflitto; il ruolo dello Stato nell’ambito degli accordi commerciali e sugli investimenti. In tutte queste situazioni, oltre al dovere di proteggere, sullo Stato possono pendere ulteriori e specifici obblighi.

Ovviamente, l’elemento centrale di questo insieme variegato di misure è rappresentato dall’adozione di norme legislative volte a disciplinare (direttamente o indirettamente) il rispetto dei diritti umani da parte delle imprese, i necessari meccanismi di controllo sull’applicazione di tale quadro normativo, ed i processi di revisione e di aggiornamento periodici di tale quadro. In altre parole, l’obbligo positivo, il dovere dello Stato di agire può tradursi, ove necessario, in un obbligo di adottare norme legislative. In tale prospettiva, uno strumento particolarmente efficace per orientare le imprese al rispetto dei diritti umani e regolarne quindi le attività a tal fine, è rappresentato dall’adozione di normative nazionali che stabiliscono come le imprese devono eseguire le loro operazioni economiche. È proprio a tale categoria che sono ascrivibili le legislazioni che fissano un obbligo di due diligence aziendale in materia di diritti umani (in merito si veda il contributo di Bordignon in questo dossier). Tale tipologia di normative (come ad esempio la legge francese ‘relative au devoir de vigilance des sociétés mères et des entreprises donneuses d’ordre’ del 21 febbraio 2017), persegue l’obiettivo di colmare l’assenza nell’ordinamento interno di norme che obblighino le imprese ad adottare misure precauzionali volte a prevenire la violazione dei diritti umani nell’ambito delle loro attività d’impresa. Tali normative sono in crescita costante soprattutto nell’area regionale Europea dove diversi Paesi hanno iniziato ad introdurle nei rispettivi ordinamenti giuridici, o hanno avviato i passi preliminari alla loro adozione. Altre misure, non necessariamente normative, possono includere l’adozione di linee di indirizzo politico volte a promuovere il rispetto dei diritti umani da parte delle imprese (ad es. i Piani d’azione nazionale su impresa e diritti umani – l’Italia ne ha adottato uno nel 2016 –) e quelle misure, vincolanti o non vincolanti, che impongono o incoraggiano il reporting aziendale in materia di diritti umani da parte delle imprese (inclusa la rendicontazione in materia di due diligence sui diritti umani).

Scegliere tra le diverse misure: la coerenza delle politiche dello Stato

La scelta tra le misure di un tipo o di un altro dipende da diversi fattori e non da ultimo dalle caratteristiche proprie dell’ordinamento giuridico interno. Proprio per questo motivo tale processo implica per gli Stati il compito di effettuare precise scelte di policy-making che tengano conto dell’ordinamento giudico interno nel suo complesso, nonché delle relazioni che sussistono tra i diversi istituti giuridici di detto ordinamento, da un lato, e le strutture economiche e regolamentari dello Stato, dall’altro. È esattamente in questa prospettiva che va inteso allora il richiamo del Principio 8 alla necessità che lo Stato assicuri la coerenza delle politiche interne: sia di quelle che toccano le leggi e le procedure atte a garantire il rispetto degli obblighi che discendono dalle norme internazionali sui diritti umani (c.d. coerenza verticale), sia di quelle che riguardano il supporto e la dotazione delle agenzie e delle altre istituzioni nazionali che a livello nazionale o a livello locale possono influire sulla condotta delle imprese (c.d. coerenza orizzontale). Insomma, poiché è tutto lo Stato, con tutte le sue agenzie ed istituzioni distribuite nei diversi livelli territoriali, ad essere obbligato dalle norme internazionali sui diritti umani, occorre che tali istituzioni siano informate degli obblighi che gravano sullo Stato in relazione all’impatto delle attività d’impresa sui diritti umani, e agiscano quindi di conseguenza. Tutto ciò si traduce per lo Stato nella necessità di partire dall’assessment dell’ordinamento interno, nonché dei suoi punti di forza e di quelli di debolezza. Si tratta a ben vedere di una vera e propria valutazione d’impatto del sistema giuridico nazionale che consente di analizzare il quadro regolamentare e di identificare cosa funziona e cosa non funziona dal punto di vista della prevenzione dell’impatto negativo delle attività d’impresa sui diritti umani.

Insomma, l’obbligo di proteggere non può essere soddisfatto da semplici dichiarazioni di intenti. Esso implica al contrario impegni precisi e chiari, ed impone allo Stato di pianificare strategie regolamentari da tradurre poi in azioni concrete.

* Gli estratti in lingua italiana delle disposizioni dei Principi Guida ONU sono tratte dalla traduzione curata dall’autore del presente contributo, v. M. Fasciglione, Principi Guida su Imprese e Diritti Umani. In attuazione del Quadro dell’ONU “Proteggere, rispettare, rimediare, IRISS-CNR, 2016 (www.iriss.cnr.it/wp-content/uploads/2016/09/principi-guida-su-imprese-e-diritti-umani-con-commentario.pdf)

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