Dall’analisi dei dati economici degli ultimi due anni notiamo un significativo rallentamento delle singole economie nazionali all’interno dell’economia globale. Tale trend negativo sembra essere diretta conseguenza delle politiche economiche conflittuali di tipo protezionistico ed unilaterale attuate da U.S.A. e Cina. Dopo un primo periodo caratterizzato da una decrescita generale dei flussi economici a livello internazionale, la presenza di effetti di instabilità nei mercati statunitense e cinese hanno condotto i governi delle due superpotenze economiche a porre le basi per una concreta pace commerciale attraverso uno schema di accordo bilaterale.
Le conseguente politiche ed economiche dell’Italia e dell’Europa
Tale accordo si concentra su due intenti chiave: da una parte creare omogeneità fra le tutele normative in materia di commercio e proprietà industriale fra i due Paesi, dall’altra prevede un accordo di acquisizione reciproca e programmata di particolari merci. Sebbene questo accordo aiuterà a tranquillizzare i mercati, è importante sottolineare come l’inserimento di un importante accordo bilaterale all’interno di un sistema di commercio internazionale su base multilaterale possa comportare importanti squilibri economici. E’ plausibile infatti che nuove contingenze economiche possano produrre ulteriori squilibri nel mercato globale, ponendoci di fronte ad una complessa situazione di conflitto fra diversi sistemi di tutela. Quali sono quindi le conseguenze politiche ed economiche che sia l’Italia che l’Europa intera devono affrontare?
Dal punto di vista strettamente economico basta leggere le stime di crescita dell’eurozona:
- la produzione in Europa diminuisce sempre di più tendendo verso una situazione di stagnazione;
- il rallentamento delle produzioni ed esportazioni tedesche su vari settori influiscono negativamente sulla intera economia europea;
- la stessa economia europea che si alimenta principalmente grazie a scambi interni fra Stati membri rallenta.
Anche dal punto di vista politico-istituzionale non mancano i problemi. La difficoltà di cooperazione fra i vari Stati membri nell’attuazione di una politica comune si evince dalla convivenza conflittuale fra i grandi Trattati di libero commercio (Mercato interno, T.T.I.P., C.E.T.A. etc.) ed una lunghissima lista di accordi bilaterali fra i singoli Stati membri e paesi terzi.
Se da una parte il ‘mercato interno’ dell’Unione europea rappresenta uno degli esempi più importanti di accordi sub-regionali del W.T.O., dall’altra parte si hanno ancora difficoltà ad attuare delle efficaci politiche comuni in materia di scambi commerciali con i Paesi terzi.
In questo contesto la situazione dell’Italia appare chiaramente legata sia alle sorti del rallentamento economico della Germania, poiché restiamo un polo industriale europeo strategico ma non autosufficiente, sia legata alla diminuzione dell’export verso U.S.A. e Russia (causate da dazi e sanzioni). Sebbene il nostro paese abbia un potenziale molto importante, sia il nostro alto debito pubblico sia la fragilità che sta vivendo il nostro comparto industriale non ci consentono di possedere una struttura economica tale da competere da soli contro colossi economici quali U.S.A. e Cina.
Le politiche economiche da adottare
Perciò la domanda da porci è: quali politiche economiche dovremmo attuare per uscire da questa fase di crescita zero? Sia la storia che gli studi di politica economica dimostrano come un Sistema-Paese tende a perdurare e a prosperare nel tempo solo se il ‘policy maker’ gestisce le variabili in gioco attraverso scelte ed azioni che tendono all’equilibrio. Se è vero che il mercato globale non è in grado di autoregolarsi, è altrettanto chiaro che la regolamentazione del mercato globale passa dalla valutazione di soluzioni che devono saper tutelare i diversi interessi economici nazionali.
In tal senso è interessante registrare un crescente desiderio da parte di 17 rappresentanti dei Governi fra quelli presenti al World Economic Forum a Davos di trovare un’intesa per riaprire un dialogo multilaterale per modificare l’attuale assetto del W.T.O. Il principale punto di incontro è la richiesta di potenziare i poteri regolatori e sanzionatori del W.T.O. e trovare strumenti giurisdizionali volti a contrastare le recenti tendenze ad attuare pratiche unilaterali e protezionistiche in politica economica al fine di tutelare gli interessi economici degli Stati più deboli e di tutto il sistema in generale.
La necessità di un’Europa più coesa e credibile
Possiamo quindi concludere che strategie di conflitto “face to face” producono in generale effetti economici negativi che tendono ad influenzare il normale flusso dell’economia globale. Bisogna altresì comprendere che un tale approccio di politica economica autoritaria risulta inutile e controproducente per Stati economicamente fragili come l’Italia, i quali risulterebbero privi di ‘potere contrattuale’ nel complesso gioco degli accordi bilaterali. Bisogna quindi puntare decisamente sulla riapertura di un dialogo interno fra i Governi degli Stati membri dell’Unione per trovare una sintesi politica capace di portare le esigenze di tutti i soggetti interni alla U.E. attraverso una proposta unica capace di avere un maggior peso all’interno del dialogo internazionale.
Negli ultimi anni si è spesso diviso il dibattito politico fra chi chiedeva ‘più Europa’ e chi ‘ meno Europa’; ciò che necessita adesso è una Europa più coesa e credibile che possa quindi fungere da ago della bilancia nel complesso dialogo di riforma degli accordi del W.T.O. D’altronde se è vero che i fondamenti del W.T.O. sono partecipazione e ricerca di soluzioni comuni, appare abbastanza chiaro come il dialogo politico tra U.S.A., Cina, Unione europea assieme agli altri Global Players presenti nel panorama internazionale possa coadiuvare i lavori di riforma del sistema regolamentare del commercio internazionale garantendo sia l’incontro di differenti competenze tecniche in materia che la tutela di tutti i soggetti macro e microeconomici presenti nel mercato globale.