Coronavirus, da crisi sanitaria ad un nuovo 2008. La Cina come modello?

In questo momento critico tutti i paesi sono, giustamente, concentrati a limitare il contagio in modi più o meno condivisibili: dalle misure estreme prese dal governo cinese, gradualmente allentate, a quelle “simil-cinesi” dell’Italia, fino a quelle inizialmente molto blande, poi rettificate, del Regno Unito. Ogni paese, come ovvio che sia, ha le sue specificità, il suo sistema e la sua cultura che ne direzionano la politica, tuttavia la risposta, dopo iniziali tentennamenti, è stata la stessa: limitare i contatti sociali. È chiaro che il COVID-19 segna un punto critico, una variabile che qualcuno ha definito “cigno nero”. Dall’inizio del 2020, è cambiato il corso dell’economia e delle nostre vite, e così sarà per un periodo di cui non si annuncia breve.

Possiamo sfortunatamente attenderci una crisi economica peggiore del 2008 data dall’interruzione brusca della creazione di ricchezza, cioè di tutti quei movimenti che formano il valore aggiunto delle cose che ci circondano: una catena del valore spezzata, dalle materie prime che non si trasformano in prodotti finiti, fino alle ramificazioni nel settore terziario. Per sostenere l’economia italiana vanno sicuramente nella direzione giusta, nonostante gli intoppi, i parziali ristori erogati dall’INPS, così come la cassa integrazione per i lavoratori costretti a casa. Così come vanno nella direzione giusta le misure finora adottate dall’UE. Ciononostante, l’unico modo per evitare un vero collasso è quello di guadagnare credibilità agli occhi dei cittadini italiani e stranieri, che investono nei titoli di stato e nelle nostre aziende, progettando da subito un piano credibile di adattamento dell’economia ad un distanziamento sociale prolungato. Ciò non significa riaprire tutto oggi, ma sfruttare il tempo a disposizione fino al 3 maggio per progettare le regole e piani di risposta a seconda dell’evoluzione del contagio per i mesi a venire.

Coronavirus: la Cina e l’Italia a confronto

Guardando alla Cina, la situazione attuale in Italia rispecchia ciò che è avvenuto nel paese di mezzo tra gennaio e febbraio: lockdown totale e interazioni vicine allo zero, con restrizioni ancora più stringenti nell’Hubei, epicentro del contagio, e nelle regioni confinanti. In questa situazione sono stati incoraggiati lo smart working, la distribuzione di pasti e la spesa con applicazioni di home delivery e pagamenti online, già rodate e conosciute dalla popolazione, che si è facilmente adeguata a rimanere a casa per giorni senza dover uscire nemmeno per andare al supermercato. Per quanto riguarda le attività produttive, queste avevano potuto richiedere la riapertura tra il 10 e il 17 febbraio al governo locale, che ne avrebbero autorizzato il ripristino delle attività a seconda delle circostanze e soprattutto tenendo conto della disponibilità delle aziende a fornire ai lavoratori i dispositivi di protezione individuale: guanti, mascherine, disinfettanti con scorte per almeno tre giorni. Allo stesso tempo, le autorità hanno imposto un tassativo divieto di assembramenti, il controllo continuo di temperatura, e l’allontanamento, la quarantena, e i test per i lavoratori a rischio. Le aziende hanno anche beneficiato di dilazione e rinvio del pagamento delle imposte, con un incoraggiamento da parte del governo alla concessione di linee di credito, facilitato dalle banche di proprietà statale.

Al 16 aprile 2020, le misure di distanziamento sociale sembrano aver funzionato, in combinazione con il tracciamento dei movimenti dei cittadini tramite i cellulari, tutt’ora in vigore. Il tracciamento avviene attraverso Alipay, una app cinese per i pagamenti, che include anche un codice QR verde, giallo o rosso a seconda del rischio. Tra le misure precauzionali ancora valide rientrano controlli di temperatura nelle zone sensibili, soprattutto le stazioni della metropolitana, quarantene dedicate in strutture alberghiere per viaggiatori rientrati dall’estero, e l’obbligatorietà di indossare la mascherina nei luoghi pubblici. L’insieme delle misure pare funzionare tanto che, ad esempio, le autorità cittadine di Shanghai hanno annunciato che entro fine aprile alcune classi torneranno a scuola, e che un graduale rientro sarà portato avanti entro maggio.

Certamente l’esempio cinese non può essere traslato in Italia. Tuttavia, è necessario riaprire il mercato e far organizzare gli imprenditori che vorranno soddisfare i bisogni della popolazione, con tutte le precauzioni di sicurezza necessarie. Allo stesso tempo, il governo dovrà portare avanti continui controlli e spingere le banche a fare credito. Alcune soluzioni cinesi da cui magari prendere spunto potrebbero riguardare il sistema di consegne a domicilio ed i pagamenti online, ancora insufficienti nel nostro paese. I tracciamenti via telefono, sebbene in discussione, sembrano ancora di difficile attuazione a causa delle normative sulla privacy e sul trattamento dei dati personali. Questa situazione durerà per i mesi a venire. Di conseguenza, la pianificazione, la corretta comunicazione di tutti gli scenari possibili e l’imposizione di regole chiare, possibilmente uniti ad un processo di sburocratizzazione, potrebbero essere la chiave per resistere nell’attesa della soluzione definitiva data da un vaccino. Sarà necessario e doveroso aumentare il debito pubblico nella transizione, cioè chiedere agli investitori e risparmiatori italiani e stranieri di fidarsi di noi: ma potremo farlo solo se li convinceremo, grazie a serie misure sostenibili nel medio periodo, che tra qualche tempo rivedranno i loro soldi e avranno fatto bene a scommettere su di noi.

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