La vittoria di Antonio Costa e la lezione del Portogallo ai progressisti europei

Quella di Antonio Costa è la leadership più salda e duratura – oltre che efficace per quanto riguarda i risultati concreti – dai tempi della Rivoluzione dei garofani. Ribaltando i pronostici che lo dipingevano in difficoltà Costa ha trionfato,  i portoghesi hanno scelto ancora lui. Il premier socialista ha vinto  le elezioni politiche  di fine gennaio conquistando 117 seggi sui 230 di cui si compone l’Assembleia da República – l’unica Camera legislativa portoghese- e si appresta a tornare al governo con il suo partito socialista che per la prima volta nella storia portoghese avrà la maggioranza assoluta

Al governo dal 2015,  l’ex sindaco di Lisbona aveva rassegnato le dimissioni lo scorso 5  novembre dopo la mancata approvazione della legge di bilancio e la fine della “geringonçala”, la coalizione di sinistra che dal 2015 – con la formula dell’appoggio esterno a un governo di minoranza-  governava il paese e composta da El Bloco de Esquerda, (BE) e PCP-PE, assieme naturalmente al Partito Socialista (PS). I sondaggi della vigilia prevedevano  – per il Ps- un testa a testa con i socialdemocratici – che in Portogallo rappresentano il centrodestra -agitando lo spettro di una forte affermazione dell’estrema destra di Chega, che pur se non raggiungendo numeri a doppia cifra, ottiene il 7,5% .

I portoghesi invece, premiano Costa, che con la maggioranza assoluta conquistata potrà governare senza l’estrema sinistra,  con l’obiettivo di portare avanti riforme ambiziose e condurre in porto il percorso del Next  Generation Eu, 45 miliardi di euro che il piano di ripresa ‘Recuperar Portugal’ mira a impiegare soprattutto nella coesione sociale, nelle infrastrutture e transizione ecologica e digitale.

‘Una vittoria per l’umiltà, la fiducia e la stabilità“, ha commentato Costa.  Una lezione, la sua, ai progressisti europei, sotto molti punti di vista.Non solo si può vincere governando – e bene, come nel suo caso, ma lo si può fare anche con programmi progressisti chiari e riformismo, tendendo i conti a posto. Nel 2015 Antonio Costa  eredità un Portogallo agonizzante come la Grecia, sull’orlo della bancarotta e rassegnato all’austerity. Ma diversi saranno i destini della Grecia e del Portogallo, e diversi i destini dei due leader, volti della nuova sinistra europea.

Tsipras, l’ex premier greco, dopo aver portato la Grecia fuori dalla crisi ha scontato davanti agli elettori il peso di scelte impopolari, imposte dal salvataggio ma che non hanno cambiato le vite dei greci e migliorato la loro condizione. Antonio Costa al contrario, non solo ha vinto ancora, ma rappresenta attualmente il volto di maggiore successo tra i progressisti europei. Ha  portato il suo Portogallo fuori dalla crisi,  ma all’austerità imposta per risollevare i conti ha risposto  mettendo in campo politiche socialiste e con un’attenzione costante alle fasce più deboli della popolazione, pensionati e lavoratori dipendenti.

Aumento delle pensioni e del salario minimo, assunzioni nella Pubblica amministrazione, potenziamento della sanità, investimenti pubblici e sviluppo del turismo. Il risultato dei governi di Costa è stato un Portogallo che non solo ha superato l’ennesima minaccia di default, ma che ha abbattuto la disoccupazione scesa dal 18 al 6% ( anche se con la pandemia da Covid -19 è tornata a salire).

il segreto di Costa e del suo miracolo portoghese sono state politiche progressiste mirate  alla redistribuzione della ricchezza e alla lotta alle disuguaglianze, attuate con lungimiranza e investimenti pubblici che hanno portato crescita economica,  senza  stressare i conti pubblici e senza inciampare nel puro assistenzialismo, vecchio errore di una certa sinistra. I portoghesi hanno riconosciuto  i meriti indiscutibili di Costa, la sua visione e leadership pragmatica.

Il riformismo di Costa e la sua quarta via, ancora vincente sembrano imprimere nuovo slancio al progressisti europei, rinvigoriti anche dalla vittoria dei socialdemocratici in Germania. La lezione  del Portogallo, in questa Europa ferita dalla pandemia e più diseguale sembra essere questa. Una sinistra progressista, socialista e riformista e davvero moderna,  libera dai lacci e retaggi del passato, può tornare ad essere vincente. Ma senza snaturarsi.

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