“Molti dei paesi africani non sono dalla parte dell’occidente. Se si perde la guerra sulla sicurezza alimentare, non ci sarà mai nessuna speranza che questi paesi possano venire dalla parte dell’alleanza. Poi di chi sia la colpa a loro non importa. Al di là delle conseguenze umanitarie, che sono gravi, ci sono delle conseguenze strategiche che sono molto serie.”
Mario Draghi, Presidente del Consiglio, Consiglio straordinario dei Capi di Stato e di Governo Ue, Bruxelles, 31 maggio 2022)
Un anno fa il Presidente del Consiglio Draghi lanciava un avvertimento che si riferiva a governi e popolazioni dei Paesi africani, nei confronti dei quali appare particolarmente attrattivo il soft power di un neocolonialismo economico delle principali autarchie presenti nel continente, che nasconde ambizioni politiche egemoniche.
La rilevanza strategica dell’Africa attraversa ogni ambito e per l’Italia riguarda anche le politiche sui flussi migratori via mare, l’origine delle cui rotte si è spostata sulle coste tunisine per effetto del regime sempre più autoritario del Presidente della Tunisia Saïed, che ha alimentato un clima di discriminazione verso gli immigrati con pesanti conseguenze nei confronti di persone originarie dell’Africa subsahariana.
Di fronte ai conseguenti rischi per il nostro Paese, la soluzione del Governo italiano appare in continuità con pratiche che hanno già evidenziato la loro criticità: contenimento delle partenze e accordi bilaterali che prescindono dalla natura dei regimi con cui vengono siglati.
Così il Ministro dell’Interno italiano Piantedosi a metà maggio scorso ha incontrato il Presidente della Tunisia per promuovere partenariato tra i due Paesi e loro cooperazione contro la migrazione irregolare che prevede anche possibili forme di finanziamento alla Guardia costiera tunisina per il controllo delle frontiere, propedeutico ad un incontro tra il Presidente tunisino e la Presidente del Consiglio Meloni.
Uno schema tristemente noto, considerando l’esperienza con la Libia.
Sembra proprio che non si riesca ad uscire da una visione strettamente emergenziale.
Questo mentre in Italia vengono invece promosse, in area progressista, proposte che affrontano la questione migratoria andando oltre l’emergenza, quale leva strategica per fronteggiare una crisi demografica ormai non più solo prospettica.
In particolare il Sindaco di Bergamo Giorgio Gori, Partito democratico, ha evidenziato come si debba agire senz’altro su soluzioni di lungo periodo, che passano da politiche di welfare a favore delle famiglie e della crescita dell’occupazione femminile, ma anche necessariamente con iniziative dai ritorni più immediati orientate verso una gestione di pianificati flussi regolari che vadano incontro ai bisogni di nuova occupazione sempre più manifestati dalle forze produttive del Paese.
Proposte che in Italia hanno trovato condivisione in più ambiti ma anche visto sollevate perplessità proprio all’interno della stessa area progressista, con esponenti che ne hanno criticato una natura troppo razionale per vedersi riconosciuto consenso politico ed elettorale.
In realtà si tratta di proposte che già hanno visto un loro positivo avanzamento nel Paese europeo, la Germania, che è primo per richieste di permessi di soggiorno e che più di ogni altro in Ue è riuscito a rallentare il proprio declino demografico.
Lo ha fatto anche con un disegno di legge che facilita l’ingresso in Germania di figure professionali qualificate, riferito al sistema “a punti” canadese, e che si prefigge di inserire non solo chi abbia il giusto titolo di studio o diploma di abilitazione ma anche chi dimostri di aver maturato esperienza professionale sul campo.
Un modello attuabile anche perchè affiancato da un’altra importante misura, non ancora adeguatamente promossa in Italia: la Germania aprirà propri centri per la migrazione direttamente in cinque Paesi dell’Africa, offrendo a cittadini africani con adeguate credenziali la possibilità di stabilirsi in modo regolare in territorio tedesco.
Così Assane Diagne, Direttore di The Conversation Africa:
“La nuova procedura accelerata semplifica l’assunzione di lavoratori stranieri qualificati. Consente ai datori di lavoro di richiedere il riconoscimento delle qualifiche estere per agevolare la richiesta del visto di un lavoratore in fase di assunzione. Per ottenere il visto il lavoratore qualificato deve poi presentare un contratto di lavoro o una concreta offerta lavorativa. L’Agenzia federale per il Lavoro in fase di reclutamento non controllerà più se per quella posizione specifica il candidato è tedesco o proveniente da un Paese UE. La Germania istituirà centri in Ghana, Marocco, Tunisia, Egitto e Nigeria. Le persone ricercate sono lavoratori qualificati con formazione professionale o accademica, ricercatori, scienziati e dirigenti.”
(da Luciana Buttini, Voci Globali, 17 marzo 2023).
Il percorso è certamente complesso. Richiede che i Paesi africani dispongano di una propria agenda migratoria e una sua supervisione congiunta, con accordi firmati tra gli Stati anziché con lettere di impegno diretto tra lavoratori qualificati e datori di lavoro, definendoli all’interno di quadro rigoroso a vantaggio di lavoratori, imprese e Stati. Di fronte alle rispettive dinamiche migratorie, il futuro dei due continenti passa molto da qui.