Spunti per una strategia progressista in Africa

Le discussioni politiche riguardo una strategia italiana per l’Africa, specialmente riguardo il Piano Mattei più volte paventato dal governo, rendono necessario definire una visione progressista e concreta sulla postura che il nostro Paese può e deve assumere nel continente. Diversi punti chiave sono emersi in seno a una discussione avvenuta alla sede nazionale del Partito Democratico il 6 ottobre 2023. L’incontro è stato facilitato da Mondodem e ha coinvolto diversi esponenti del mondo accademico, politico e istituzionale in dialogo con il portavoce per la politica estera l’on. Peppe Provenzano e l’on. Lia Quartapelle.  

Quello che riportiamo qui sono alcuni spunti emersi dalla conversazione che crediamo possano essere utili a un dibattito più ampio e approfondito che sarà definito nel corso dei prossimi mesi. 

Lo stato dell’arte 

Negli ultimi anni l’Italia ha compiuto diversi sforzi per rafforzare i propri legami con l’Africa. Una delle prime mosse significative è stata l’organizzazione di una conferenza Italia-Africa e diversi incontri bilaterali annuali. L’Italia ha anche incrementato gli aiuti, seppur in misura limitata, per affrontare la questione dei rifugiati. Nel 2020, è stato adottato il “Partenariato con l’Africa,” che si proponeva di raccogliere e coordinare le azioni italiane nel continente africano.

Nonostante questi sforzi, l’Italia non ha visto un aumento significativo negli scambi commerciali con l’Africa, a differenza di paesi come la Turchia. Questo risultato negativo per l’Italia potrebbe essere attribuito a due fattori principali: la mancanza di continuità nell’impegno italiano da parte di diversi governi e la mancanza di risorse economiche e altre concessioni offerte dall’Italia. 

Queste debolezze sono  ancora più evidenti oggi in questo periodo di transizione per l’Africa. La Francia ha sfruttato in modo intelligente gli strumenti multilaterali e le risorse attraverso le organizzazioni regionali, cercando di preservare i propri interessi nazionali. Tuttavia, questa situazione ha portato a una mancanza di attenzione da parte di altri paesi europei che avrebbero dovuto sviluppare politiche alternative.

A complicare il quadro c’è anche che i paesi africani oggi hanno più opzioni alternative in termini di partner, inclusi Cina e Russia. La Cina in particolare ha offerto aiuti attraverso investimenti mentre la Russia ha giocato un ruolo significativo nell’area centrale del continente, utilizzando mezzi militari spesso sostituendo l’influenza francese.  

Complessivamente, c’è una tendenza di “pushback” nei confronti della Francia da parte dei Paesi africani. Questo rigetto non si applica però ad altri alleati come gli Stati Uniti che, invece, hanno una forte presenza militare non contestata che apre a un potenziale diplomatico per altri attori occidentali.

Quale visione cooperativa per Africa e Europa?

Da dove partire una progettualità progressista con l’Africa? Centrale deve essere un rapporto paritario, che parta anche da elementi simbolici. I documenti europei in materia dovrebbero ad esempio fare riferimento principalmente ai documenti africani. Bisogna abbracciare una collaborazione con l’Africa basata sulla società, coinvolgendo attori non governativi per condividere il know-how e le pratiche di governance italiane. Dal punto di vista della diplomazia, è irragionevole che l’Italia non guardi all’Europa come una fonte di contributo politico. Un maggior impegno italiano in Africa deve anche passare dal sostegno a una governante globale più giusta, a partire da una riforma dell’ONU che porti a maggiore rappresentatività dei Paesi africani, e un dialogo rafforzato con gruppi considerati più rappresentativi del “Global South” come il BRICS allargato ed ECOWAS. 

I programmi attuali e gli investimenti in campo umanitario

Sul piano pratico è necessario partire dal coordinamento con iniziative esistenti in vari settori come gli SDGs, il EU Global Gateway, il G7, o progetti per l’agricoltura sostenibile. Anche il tema della salute e della produzione di vaccini è fondamentale, dove l’AIFA potrebbe svolgere un ruolo significativo e la questione migratoria che riporta al tema della mobilità.  Al netto di ciò, non è possibile pensare a un piano credibile senza un maggiore aumento nella spesa umanitaria, nella diplomazia e anche nel settore della Difesa.

La necessità di una transizione ecologica coerente 

In questa ottica è importante il tema della multilateralità; l’Italia deve creare un piano per l’Africa che coinvolga anche l’Europa come attore chiave. Le progettualità verdi e energetiche andrebbero   declinate in chiave di transizione ecologica o di ecologia integrale, che includa già i temi legati alla sicurezza umana e dell’ambiente naturale. La limitazione agli investimenti nel combustibile fossile e il sostegno agli agrobusiness sono temi da esporre soprattutto sotto il punto di vista di investimenti privati, che superano di venti volte il sistema pubblico. 

Il nodo della sicurezza e la mancanza di multilateralismo 

Un altro fattore centrale (e che sembra a oggi mancare dal fantomatico piano Mattei) è quello della sicurezza, presupposto per ogni strategia. Il Piano Mattei prevede aspetti economici e militari, ma l’instabilità politica in questa regione ostacola gli investimenti economici. Va infatti considerato che manca un forte multilateralismo africano, che impedisce all’Italia di fare riferimento a un gruppo unito di paesi africani. Detto questo, Roma può avere un ruolo importante. La posizione dell’Italia, in particolare nella diplomazia nel Sahel e in Etiopia, è stata relativamente positiva rispetto ad altri Paesi, inclusa la Francia. L’Italia dovrebbe concentrarsi su dove può agire, potenziando la diplomazia e l’intelligence, anche a livello europeo. È importante che Italia ed Europa non pongano un impegno di sicurezza in termini di una guerra ideologica che contrappone democrazia e autocrazia. Al netto di ciò, vanno posti dei paletti chiari che non compromettano priorità umanitarie e politiche in eventuali partenariati con governi più o meno lontani dal nostro modello democratico. 

Una  prospettiva sugli investimenti e la dimensione finanziaria

Un partenariato economico deve andare oltre gli investimenti italiani in Africa e si deve tradurre in iniziative strategiche. L’indebitamento dei paesi africani è una preoccupazione chiave su cui Roma e Bruxelles devono intervenire.   Per quanto riguarda il finanziamento, il contributo del settore privato è di gran lunga più significativo rispetto alla spesa pubblica. L’Italia, sebbene sia un creditore minore in Africa, potrebbe svolgere un ruolo importante come mediatore, soprattutto tra i paesi occidentali. Per finanziare i progetti di sviluppo sostenibile  si può far è molto al di là della semplice iniezione di investimenti diretti. Facendo sponda con gli Stati Uniti è possibile pensare a una riforma della Banca Centrale e del Fondo Monetario Internazionale, ad esempio per facilitare ed espandere l’allocazione di Special Drawing Rights in frica. Istituzioni italiane come CDP e SACE possono anche  avere un ruolo nella garanzia di crediti nei confronti dell’Africa. 

Conclusione 

Le sfide  che attanagliano l’Africa sono numerose: economiche, militari e valoriali. L’Europa e l’Italia devono affrontare queste sfide non solo in termini economico-commerciali ma anche con una prospettiva di sviluppo umano e democratico. L’attuale governo sta cercando di modellare l’Italia nel mondo secondo i principi del’era di Mattei, un tempo ormai tramontato la cui nostalgia ci sta facendo perdere opportunità.

Per questo serve pianificare una politica africana a lungo termine, che parta dai principi qui elencati e che  coinvolga sia l’attuale governo che l’opposizione per garantire continuità e successo.

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