Nel contesto di una profonda crisi del mercato immobiliare, di una crescita economica indebolita e di crescenti tensioni internazionali, si sono svolte a Pechino le tradizionali “Due sessioni” (liǎnghuì), evento annuale apicale nell’ambito dell’attività parlamentare cinese. Costituite da due incontri plenari – il primo con l’Assemblea Nazionale del Popolo, l’equivalente cinese del parlamento, e il secondo con la Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese, rappresentativa delle organizzazioni sociali e politiche – le Due Sessioni si sono concluse senza la consueta conferenza stampa del premier cinese Li Qiang e senza il discorso del Presidente Xi Jinping.
Tra le parole chiave emerse durante le liǎnghuì – sicurezza, modernizzazione, autosufficienza tecnologica e “nuove forze produttive di qualità” – si cela il futuro approccio strategico cinese verso il proprio modello di crescita e i rapporti con la comunità internazionale. La teoria delle “nuove forze produttive” fa riferimento ai settori capaci di garantire innovazione e modernizzazione di alta qualità, puntando ad una trasformazione dalla Cina da “fabbrica del mondo” a una “società di consumo ad alto valore”. Non si tratta di un restyling formale, ma di una rivoluzione sostanziale volta a ridefinire il modello di sviluppo cinese, riducendo al minimo rischi ed esposizioni alle turbolenze globali, come le sanzioni.
Nel recente numero di Qiushi, la rivista teorica del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping ha sottolineato la necessità di questo processo di trasformazione economica, sostenendo che “un tasso di crescita economica più elevato non necessariamente garantisce una situazione positiva, né una diminuzione del tasso di crescita implica automaticamente una situazione negativa.” Questa prospettiva potrebbe spiegare la mancanza di un grande piano di stimolo economico, come confermato dal premier Li Qiang, il qualeha tuttavia dichiarato che l’economia dovrebbe crescere “intorno al 5%” nel corso del 2024. Pechino vorrebbe ottenere questa transizione attraverso un aumento dei consumi, limitando gli interventi dalla spesa pubblica. E in questo nuovo modello di crescita, un ruolo di primo piano è riservato allo sviluppo tecnologico – il settore più esposto e colpito dalle sanzioni . Microchip, semiconduttori e intelligenza artificiale quantistica saranno i settori chiave su cui la Cina intende aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo, fino al 10%.
La Cina sembra dunque orientata a focalizzare i propri sforzi internamente, con l’obiettivo di assottigliare progressivamente la dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti e dall’Europa. Ciò non deve essere letto come una corsa verso la costruzione di sistema chiuso e autarchico, ma piuttosto come la creazione di una sorta di paracadute strategico nel caso di esclusione dalle catene di approvvigionamento globali. Oltretutto, tra i comparti che Pechino intende maggiormente modernizzare figura quello militare. Infatti, in previsione del centenario dell’Esercito Popolare di Liberazione nel 2027, è stato destinato un budget del 7.2% per il 2024, in linea con l’anno precedente. Ma non è tutto. Le Due Sessioni di quest’anno registrano un’ulteriore attenuazione dei confini tra il Partito e lo Stato, con l’approvazione di una legge volta a riformare il Consiglio di Stato: il potere esecutivo sarà chiamato a seguire l’ideologia e la leadership del Partito, segnando un’ulteriore fase di sovrapposizione – e di progressiva sostituzione – tra il Partito e lo Stato. Questa mossa sembra spiegare l’assenza del premier, poiché rifletterebbe la volontà della leadership cinese di offuscare qualsiasi entità che non sia direttamente il partito.
Il discorso del Ministro degli affari esteri cinesi Wang Yi, a margine delle Due Sessioni, ha ricordato alcuni successi nel rapporto Cina-Europa, evidenziando progetti come la Belt and Road Initiative, e le partnership infrastrutturali, come il Porto del Pireo in Grecia, il Ponte di Pelješac in Croazia e la ferrovia Ungheria-Serbia. Wang Yi ha affermato chiaramente che non esiste una competizione geopolitica o un conflitto di interessi tra Cina ed Europa, ma piuttosto interessi reciproci, – come rimarcato dal “tour” europeo del Ministro di questi ultimi mesi – sottolineando che entrambe le parti dovrebbero assumere una posizione cooperativa basata sul rispetto della reciproca autonomia. Le parole del Ministro Wang Yi si inseriscono nel tentativo della diplomazia cinese di stabilizzare le relazioni con l’UE e impedire un ulteriore allineamento di Bruxelles con Washington.
L’UE si trova di fronte a una Cina sempre più determinata a raggiungere l’autosufficienza e convinta nel perseguire i propri interessi strategici, potenzialmente minando l’interdipendenza economica e stravolgendo la bilancia commerciale a favore di Pechino. Concentrare gli sforzi nel settore tecnologico potrebbe aprire ad una nuova fase nelle relazioni economiche e industriali con gli Stati Uniti e l’Europa, specie in materia di high-tech e di transizione energetica. Inoltre, una Cina militarmente rafforzata dagli sviluppi tecnologici – considerando anche il primato di Pechino nell’utilizzo di tecnologie dual-use – potrebbe influenzare gli equilibri di potere globali, con possibili ripercussioni sulla sicurezza e sulla stabilità internazionale, con un evidente impatto sulle politiche di difesa e sicurezza dell’Europa. La crescente sovrapposizione tra Partito e Stato potrebbe, inoltre, sollevare non pochi timori riguardo alla trasparenza, ai diritti umani e alla governabilità del Paese, con implicazioni anche per le relazioni con l’Europa in termini di dialogo politico e cooperazione economica.