Questo articolo fa parte di una serie di approfondimenti tematici promossi da MondoDem sul “Rapporto Draghi” sul futuro della competitività europea. Crediamo che, per affrontare davvero le sfide delineate nel Rapporto, sia necessario declinare le sue proposte in chiave progressista, tenendo insieme innovazione, giustizia sociale e sostenibilità. Per questo abbiamo scelto di analizzare alcuni dei nodi principali emersi dal lavoro di Draghi, offrendo spunti e proposte utili al dibattito pubblico e all’elaborazione politica di chi vuole costruire un’Europa più equa, innovativa e democratica.
Negli ultimi decenni, l’Europa ha mantenuto un ruolo di primo piano in settori industriali consolidati come l’automotive e il manifatturiero, sostenuta dall’aumento della produttività e della crescita demografica. Tuttavia, di fronte a un preoccupante inverno demografico e alla stagnazione dell’innovazione industriale, la sua corsa verso la produttività sta rallentando, in particolare rispetto agli Stati Uniti e alla Cina. Guardando più a fondo, come evidenzia il Rapporto, il vero motore di questo crescente divario nella produttività tra l’UE e altre economie avanzate è stato il settore tecnologico, ambito in cui l’Europa rischia di perdere slancio in modo definitivo.
Fin dai primi sviluppi di Internet, l’Europa ha faticato a cogliere le potenzialità economiche della rivoluzione digitale, limitandosi spesso ad adattarsi anziché guidare. Mentre negli Stati Uniti nascevano giganti tecnologici e l’economia digitale prendeva piede, l’Europa sembrava incapace di riconoscere la portata storica di questa trasformazione. Ora, con l’alba di nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale (IA), l’Internet of Things (IoT), la blockchain e l’informatica quantistica, l’UE rischia di ripetere lo stesso errore. Un segnale allarmante è il fatto, per esempio, che nessuna delle dieci aziende che investono maggiormente nel settore quantistico ha sede in Europa.
Stati Uniti e Cina oggi dominano e si contendono la supremazia nel settore tecnologico, cruciale per il futuro dell’economia globale, mentre l’Europa continua a perdere competitività. Per alcuni segmenti digitali, come sottolinea il Rapporto, l’opportunità di leadership sembra ormai sfumata; tuttavia, esistono ancora spazi in cui l’UE può capitalizzare su nuove ondate di innovazione, come quella dell’IA. Le implicazioni di questo approccio attendista non sono solo economiche, ma profondamente politiche: investire meno nel settore tecnologico implica una ridotta capacità di influenzare i rapporti di forza internazionali e, in ultima analisi, un ridimensionamento del ruolo dell’Europa come attore globale.
Il Rapporto Draghi lancia un messaggio forte e chiaro: l’Europa rischia di perdere il treno della Storia se non riconsidera a fondo le sue priorità strategiche, trovando la determinazione e il coraggio necessari per immaginare una strategia industriale che colmi il divario tecnologico con gli altri attori globali. Le forze di centro-sinistra, come il Partito Democratico, che hanno accolto con interesse le proposte dell’ex Presidente del Consiglio italiano, devono cogliere l’urgenza espressa nel Rapporto e tradurne i contenuti in proposte progressiste. Non è possibile immaginare una crescita industriale duratura senza valutarne l’impatto sociale, l’equità e la sostenibilità. L’Europa ha il dovere di puntare a un modello economico in cui innovazione tecnologica e benessere sociale non siano in conflitto, ma agiscano in sinergia per un progresso condiviso.
Una transizione giusta verso l’innovazione tecnologica
L’innovazione non dovrebbe lasciare indietro nessuno: per questo, accanto a investimenti in settori chiave come l’IA, i semiconduttori o il cloud computing, l’UE deve assicurarsi che i vantaggi di queste tecnologie siano diffusi a tutta la popolazione. Un “Fondo per l’Innovazione Inclusiva” potrebbe, ad esempio, sostenere le regioni e i settori più impattati dalla trasformazione digitale, aiutando le piccole imprese e i lavoratori a rimanere competitivi. Questo fondo dovrebbe finanziare la riqualificazione professionale dei lavoratori e l’accompagnamento delle imprese verso il digitale, specialmente nelle aree meno sviluppate.
Una transizione omogena verso l’innovazione tecnologica
Per promuovere la crescita delle imprese innovative, l’Europa deve provare a ridurre da un lato l’over-regulation al suo interno, e le frammentazioni normative tra i suoi Paesi membri, creando un mercato unico più omogeneo che consenta alle startup di crescere e competere senza ostacoli burocratici. È fondamentale però che questo avvenga in modo da proteggere i diritti dei lavoratori, garantendo condizioni lavorative adeguate.
Una transizione verde verso l’innovazione tecnologica
La produzione e la gestione di nuove tecnologie digitali – come i data center, le reti di telecomunicazioni e i semiconduttori – devono rispettare principi di sostenibilità ambientale. Per questo, l’Europa dovrebbe incentivare le imprese a sviluppare e adottare tecnologie a basse emissioni di carbonio, imponendo limiti chiari al consumo energetico nei settori tech e promuovendo un’economia circolare per ridurre al minimo i rifiuti tecnologici. Ciò garantirebbe che l’industria del futuro possa essere verde e sostenibile.
Una transizione inclusiva verso l’innovazione tecnologica
La transizione tecnologica e digitale può avere successo solo se accompagnata da investimenti in istruzione e formazione continua. Affinché nessuno resti indietro, l’UE dovrebbe trovare metodi e strumenti per formare tutti i cittadini europei, aiutandoli a sviluppare le competenze necessarie per partecipare all’economia del futuro. Ogni Stato membro dovrebbe includere nel proprio sistema educativo l’insegnamento delle digital skills di base, garantendo accesso gratuito e universale a corsi di aggiornamento professionale per coloro che lavorano in settori tradizionali.
Una transizione sociale verso l’innovazione tecnologica
L’espansione del settore tecnologico porterà con sé l’aumento di forme di lavoro atipico e digitale, spesso più precarie e meno tutelate. È fondamentale che l’Europa sviluppi un “welfare digitale” che protegga i lavoratori delle piattaforme digitali e di altre nuove forme di impiego. Ad esempio, la creazione di un sistema di assicurazione sociale europeo per i lavoratori digitali permetterebbe di garantire loro sicurezza economica e protezione in caso di disoccupazione, malattia o maternità, indipendentemente dal Paese in cui lavorano.
Insomma, l’Europa ha davanti a sé l’opportunità di creare un modello di sviluppo economico e industriale autonomo e inclusivo, che integri le esigenze della crescita tecnologica con la giustizia sociale e ambientale. Solo con un approccio integrato e attento alle persone sarà possibile costruire un futuro in cui l’Europa non sia semplicemente player di primo livello, ma un modello di progresso civile e sociale a livello globale.