Co-Sviluppo Strategico: una nuova politica estera italiana verso l’Africa

Di Marco Massoni

Contesto strategico: Mediterraneo e Africa Sub-Sahariana

Le sfide lanciate da nuovi e vecchi player globali in Africa si possono raccogliere sempre più attraverso partenariati innovativi, al passo con la rapidità con cui l’Africa sta diventando il teatro della competizione mondiale attraverso un ruolo politico, economico e finanziario inaspettatamente attraente per chi ne sappia cogliere le opportunità. Per ragioni economiche e di sicurezza, le frontiere meridionali dell’Europa si stanno spostando sempre più a sud, cioè in direzione dell’Africa Sub- Sahariana, il Continente del futuro, poiché in prospettiva qui si concentreranno i maggiori investimenti globali per il prossimo secolo. Il Mediterraneo è diventato espressione, senza soluzione di continuità alcuna, dell’estensione lineare che lega l’Europa all’Africa. Di conseguenza, se ci sono riservati comuni destini, occorre delineare un nuovo concetto strategico verso l’Africa, anticipandone le tendenze.

Il fondamentalismo e il terrorismo stanno concentrando la propria capacità di proiezione tattica nei territori più difficilmente gestibili del pianeta: il Sahara e il Sahel, dove assistiamo allo spostamento dei baricentri del confronto dal Medio Oriente all’Africa lungo una direttrice sud-nord, che è particolarmente preoccupante per l’Italia e per l’Europa. Se la conflittualità medio-orientale si sta spostando da est verso ovest, dall’Asia all’Africa, il Sahara e il Sahel si sono trasformati nel principale epicentro delle criticità africane, determinando un risveglio di tutte quelle crisi prima solo latenti, con il concorso del radicamento del terrorismo islamista e lo sviluppo dei traffici illeciti praticati da una pletora di attori non-statali nello scacchiere, nel quale anche a causa della crescente attrazione di flussi finanziari, la polarizzazione non potrà che essere crescente.

Europa e Africa hanno bisogno di un’alleanza globale e di un autentico partenariato strategico. La prossimità geografica, la storia, le interdipendenze economiche, sociali e umane, gli intensi legami culturali dovrebbero spingerci verso un futuro e un destino comuni, basati sull’impegno condiviso di una rinnovata cooperazione multilaterale, che a sua volta dovrebbe fondarsi su un’analoga volontà di cooperazione a carattere regionale mediante una maggiore cooperazione interafricana. La determinazione di lottare contro una minaccia comune può essere colta come un’opportunità per spingere i Paesi della regione sahelo-sahariana a superare le impasse determinate da annosi contenziosi o contrasti politici, trovando su questo specifico argomento un punto di partenza per un nuovo equilibrio regionale, come ad esempio reso evidente dal G5 del Sahel (Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Mali), sul quale l’Unione Europea ha scommesso molto.

La nuova politica estera italiana verso l’Africa

La nuova politica estera italiana verso l’Africa si basa su una serie d’iniziative, quali la nuova legge sulla Cooperazione allo Sviluppo (Legge n°125 del 2014), con la creazione dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), e l’intensificarsi delle visite ufficiali ai massimi livelli istituzionali: infatti non solo l’ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, impegnato in tre missioni ufficiali nel Continente – Angola, Repubblica del Congo (Brazzaville) e Mozambico (luglio 2014); Etiopia e Kenya (luglio 2015); Nigeria, Ghana e Senegal (febbraio 2016) – ma anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha avuto modo di recarsi in Africa, precisamente in Etiopia e in Camerun, a marzo 2016. Effettivamente, per una “diplomazia della crescita” in Africa, il Governo italiano da quattro anni a questa parte ha selezionato otto Stati prioritari (Angola, Etiopia, Ghana, Kenya, Mozambico, Nigeria, Senegal, Sudafrica), così da avere accesso alla competizione globale, che vede sempre nuovi attori globali subentrare assai dinamicamente nel cosiddetto New Scramble for Africa. Impegnandovi innovative risorse e linee d’indirizzo politico, il Governo italiano e rilevanti società partecipate nazionali stanno pertanto spostando il baricentro dall’Africa Settentrionale all’Africa Sub-Sahariana (in Africa Occidentale in Ghana e in Nigeria e in Africa Orientale in Etiopia e in Kenya), e a sud dell’equatore (in Africa Australe in Angola e Mozambico), trasferendovi i propri maggiori investimenti strategici nonché le conseguenti relative aspettative di sviluppo. L’Africa lusofona, ultimo baluardo contro il fondamentalismo islamico in espansione nel continente, è allo stesso tempo la regione con le più interessanti prospettive di crescita per la politica estera e per gli investitori italiani, anche in ragione dell’asse geopolitico est-ovest che rappresentano rispettivamente il Mozambico, aprendosi all’Asia attraverso l’Oceano Indiano, e l’Angola invece in direzione del Brasile, rendendo sempre più virtuose le sinergie in atto nell’Atlantico Meridionale e nel Golfo di Guinea con Capo Verde quale riferimento per l’Atlantico Medio.

Oltre le esportazioni: investimenti strategici di lungo periodo

Per troppo tempo, l’Africa è stata trascurata, mentre è quanto mai opportuno e lungimirante che intorno all’Africa sia concepito e articolato un investimento strategico, culturale, educativo e valoriale da parte dell’Italia, proprio perché il nostro Paese è un ponte geografico e politico con il Continente africano, e deve diventare di conseguenza una priorità prima italiana, dunque europea. L’Africa è il Continente più prossimo all’Italia, simboleggiando la nostra principale profondità strategica ovvero il nostro grande Sud. Contrariamente a quanto si pensi, si tratta di una grande opportunità: entro la fine di questo secolo, quasi il quaranta percento della popolazione mondiale sarà africano; il primo studio legale italiano ha aperto lo scorso anno proprie sedi al Cairo e ad Addis Abeba; otto su dieci delle Nazioni più performanti al mondo sono africane e a trainarne la crescita continentale sono quattro mega trend: la popolazione africana sarà costituita sempre più da giovani; la repentina urbanizzazione farà da volano ad epocali trasformazioni socio-culturali; la capillare diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione sta rivoluzionando gli usi e i costumi africani; la gestione del cambiamento climatico determinerà futuri assetti geopolitici ancora impensabili. A causa del proprio posizionamento geopolitico, l’Italia potrà ricoprire un ruolo di rilievo anche per il resto d’Europa, purché si doti di una strategia politica di ampio respiro, investendo in Africa e sull’Africa.

Entro il 2020, i seguenti quattro ambiti saranno determinanti per le economie africane: i beni di consumo, le risorse naturali, l’agricoltura – il cinquanta per cento delle terre arabili non coltivate mondiali si trova in Africa – e le infrastrutture. Con lo slogan “Energia, Cooperazione, Export”, si richiede l’adozione di un approccio strategico da sistema-paese, che coniughi le iniziative di diplomazia commerciale, riduca le asimmetrie informative, al fine di elaborare e diffondere una rinnovata narrativa africana, la quale, scevra d’infondati pregiudizi, si dimostri in grado riportare l’Africa all’attenzione delle PMI italiane. A tale scopo, svolgeranno un ruolo imprescindibile le politiche di internazionalizzazione di filiera: in particolare la filiera enogastronomica, quella della logistica della distribuzione alimentare e quella della meccanica, tenuto conto che le esportazioni italiane sono veicolate specialmente dai settori delle “4A” e cioè: Alimentari; Abbigliamento; Arredamento; Automazione. I settori in cui il Made in Italy eccelle nel mondo sono appunto la moda e il lusso (tessile, arredamento, abbigliamento e accessori, calzature e pellame); i prodotti alimentari, le bevande e i prodotti trasformati; l’automazione, la meccanica e i mezzi di trasporto (macchinari e apparecchi meccanici); i prodotti in metallo e metallurgia; i prodotti chimici. Alle “4A” si aggiungano l’affinamento degli strumenti finanziari e assicurativi per l’internazionalizzazione d’impresa, le politiche di cooperazione migratoria, la tutela dei prodotti italiani nonché la tutela e la valorizzazione dei beni culturali africani, in modo da incentivare il turismo di qualità.

In particolare, la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) sarà la nuova istituzione finanziaria italiana per la cooperazione allo sviluppo (Development Finance Institution – DFI), che fungerà da Ex-Im Bank, ovvero da banca di sviluppo per il finanziamento di progetti all’estero di aziende italiane, in modo tale da facilitarne non soltanto le esportazioni, ma anche gli investimenti diretti esteri (IDE), vero punto dolente dell’espansione economica italiana in Africa, così da orientarne meglio la diplomazia economica e la politica industriale.

Leadership, Interesse Nazionale e Visione di Co-Sviluppo Strategico: linee guida

Alla luce di tutto ciò, con la finalità di realizzare una Trasversale Identificazione dell’Interesse Nazionale italiano – con la relativa mappatura delle criticità e delle ridondanze della politica estera italiana – per una rinnovata politica nazionale verso l’Africa sarebbe opportuno:

  • istituire alcune commissioni paritetiche bilaterali tra Roma e un selezionato gruppo di capitali africane ritenute prioritarie, così da dare luogo a una serie di partnership strategiche, evidenziando dunque la centralità politica che le potenze emergenti del Continente africano rappresentano per l’interesse nazionale italiano, capofila di quello dell’Unione Europea nel suo insieme;
  • recuperare la leadership italiana nel Corno d’Africa Allargato, approfittando del know-how unico di cui l’Italia dispone rispetto ad altri attori internazionali interessati nello scacchiere, proponendosi come leader per la mediazione della crisi latente fra Eritrea ed Etiopia. Passando dal mero capacity building a un serio nation building, quanto l’Italia saprà fare in Africa Orientale le servirà in termini di lezioni-apprese da utilizzare in futuri contesti africani reputati d’interesse, come quello del Sahel;
  • valorizzare la Diaspora africana in Italia, in particolare le Seconde Generazioni (G2) e attrarre talenti stranieri (Immigrazione Qualificata), per mezzo di borse di studio, inquadrate in un Programma di Scambio Italiano ed Africano. In questo modo, lavorando sulla formazione di lungo periodo, il soft-power italiano verrebbe diffuso a costi ragionevoli con un effetto di altissimo valore aggiunto e di larghissimo spettro temporale oltre che di notevole profondità interculturale;
  • ottimizzare la presenza di personale italiano presso le Organizzazioni Internazionali e Intergovernative, le ONG e le PMI in Africa, così da attivare antenne di Soft-Intelligence nel canale multilaterale pubblico e in quello privato;
  • promuovere tanto Alleanze Trasversali con Paesi extra-UE (ATPeUE), già latori di proprie visioni strategiche verso l’Africa tutta, come nel caso della Cina ad esempio, quanto Alleanze Tattiche con Paesi intra-UE (ATPiUE) con minore tradizione e conoscenza dell’Africa, ma intenzionati a ritagliarsi un ruolo significativo nell’area;
  • accentrare a livello nazionale (presso o la Presidenza del Consiglio o la Presidenza della Repubblica o il Parlamento o il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale) una cellula/centro di collegamento africano per assicurare, quale raccordo integrato, la continuità dell’azione esterna per mezzo di una serie di competenze, allo scopo fra l’altro di attrarre Investimenti Diretti Esteri (IDE), provenienti da Economie Emergenti/Emerse di fiducia (Alike Economies), non solo dell’Africa Sub-Sahariana; di individuare una serie di Regioni/Distretti e/o Stati (Alike Partners), con cui sviluppare una Visione di Co- Sviluppo Strategico (VCSS) nell’ambito di una politica di ampio respiro, volta all’internazionalizzazione e alla delocalizzazione delle PMI italiane, in maniera tale da agganciare la ripresa economica italiana all’imponente crescita africana.

L’Italia non può permettersi di perdere il treno delle economie africane. Il salto di qualità che ancora manca riguarda il transito dal mero import-export al trasferimento di risorse ossia d’investimenti italiani nel lungo termine per piccole e medie imprese in Africa. Solo tale passaggio assicurerà all’Italia quel tanto auspicato quanto necessario radicamento nell’ultima frontiera economica mondiale: l’Africa.

 

Il presente paper rappresenta il contributo dell’autore per la conferenza “La politica estera ed europea dell’Italia: le proposte del PD”. Esso non impegna in alcun modo il Partito e il suo programma. 

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