Di Giacomo D’Arrigo*
Termina il 2017, doveva essere l’anno peggiore d’Europa e le premesse perché lo fosse c’erano tutte. È stato invece il suo contrario e al 2018 e più ancora al 2019 – anno delle elezioni europee – l’Unione arriva più forte di quel che i suoi detrattori immaginavano.
E il 2017 è stato anche l’anno in cui l’economia continentale non ha per nulla frenato, anzi: in un contesto in cui “l’economia mondiale ha acquistato slancio sin dalla metà del 2016” per dirla con Maurice Obstfeld, direttore delle ricerche presso il Fondo Monetario Internazionale che ha rivisto al rialzo dopo anni le previsioni per la crescita, nelle stime della Commissione Ue, l’economia dell’eurozona è cresciuta nel 2017 “con il ritmo più veloce da un decennio”.
Il pil dell’eurozona è rivisto al rialzo anche per il futuro, con un 2,1% nel 2018 (precedenti previsioni all’1,8%) e all’1,9% nel 2019. Infine è stato l’anno in cui, guardando alla politica globale, le posizioni dell’Ue in Medioriente (recente voto unitario su Gerusalemme all’Onu) e l’accordo mondiale sul clima con la voce compatta di tutti gli Stati europei, hanno fatto emergere una presenza politica unica e unitaria agli occhi del mondo.
Il 2018 arriva quindi sotto auspici migliori di quelli che c’erano ad inizio 2017, tanto che appena prima del Natale Claudio Cerasa – direttore de Il foglio – scrive del “perché il 2017 non è stato l’anno del populismo” che doveva distruggere l’Europa (aggiungo io). Ci basta questa condizione per guardare con serenità all’anno che inizia? Ci basta la consapevolezza di non essere ad un passo dal fallimento del sogno europeo per affrontare 2018 e poi 2019, anno delle elezioni europee?
Certamente l’anno che arriva parte meglio del suo predecessore ma deve affrontare due curve importanti: il voto in italia – insieme a Francia e Germania, grande Paese fondatore d’Europa – con la scelta fra populismo anti-europeo di Salvini e quello anti-tutto dei grillini da un lato e i partiti pro Europa distributi nelle diverse coalizioni dall’altro; il nuovo governo in Germania che, a tre mesi dalle elezioni che non hanno dato una indicazione netta, oscilla tra la grande coalizione tra i partiti pro Europa e l’alleanza che coinvolge movimenti a questa contrari.
L’anno che inizia insomma vede l’Europa più forte e consapevole di se ma obbligata più che mai a cambiare se stessa, la propria governance, la gestione di risorse e crisi globali e soprattutto il rapporto con i suoi cittadini e il legame di cittadinanza che li lega a questa (sul tema, su tutti Roberto Sommella) per misurare quanto l’onda d’urto populista e disaggregante che l’ha colpita sia forte e soprattutto per arginarla definitivamente in questo 2018 cruciale prima del voto per il rinnovo del Parlamento europeo del 2019.
*Direttore Generale dell’Agenzia Nazionale per i Giovani