Lettera Aperta alle istituzioni italiane in materia di ‘Impresa e Diritti Umani’

Siamo onorati di ospitare la lettera aperta con cui più di cinquanta accademici, ricercatori e professionisti chiedono alle istituzioni italiane l’introduzione di una due diligence umanitaria per le imprese. Riportato in calce è il testo della lettera e i firmatari. #openletterbizhumanrights

– La redazione


Con questa Lettera Aperta i sottoscritti, docenti, ricercatori ed esperti, che da molti anni dedicano i propri interessi di ricerca, didattici e professionali al tema “impresa e diritti umani” in diverse Università ed enti di ricerca italiani e stranieri o associazioni e enti specializzati, intendono esprimere il proprio positivo giudizio circa l’inserimento da parte del Governo italiano nel proprio programma di lavoro dell’obiettivo di realizzare un “Green New Deal” (Punto 7) volto a ripensare il rapporto tra sviluppo economico, ambiente e persona umana. Ritengono opportuno, tuttavia, intervenire per fornire alle istituzioni alcune riflessioni su questioni che sono sempre più al centro del dibattito pubblico quotidiano.
In primo luogo, la realizzazione di “un radicale cambio di paradigma culturale”, come auspicato dal programma del Governo, non dipende dalla sola ‘svolta green’ e non può limitarsi esclusivamente al settore ambientale. Occorre, infatti, guardare anche ai diritti dell’individuo e delle comunità. Il nostro Governo ha utilizzato in merito l’efficace espressione “nuovo umanesimo” e, da questo punto di vista, l’obiettivo del programma di promuovere “una più efficace protezione dei diritti della persona” – anche con riguardo alle categorie maggiormente vulnerabili (Punto 6) – è senz’altro in linea con tale esigenza. Non è un caso, d’altronde, che il tema ‘Impresa e Diritti umani’ (Business and Human Rights) sia stato inserito anche dalla Finlandia, Presidente di turno dell’Unione Europea, tra le questioni prioritarie che gli Stati membri dovranno affrontare.
In secondo luogo, con specifico riferimento al ruolo che le imprese svolgono in relazione alla salvaguardia dell’ambiente e alla protezione dei diritti della persona, riteniamo che vada accolto con favore l’inserimento nel programma di governo, sempre al Punto 7, dell’obiettivo di adottare “misure che incentivino prassi socialmente responsabili da parte delle imprese”. Va segnalato, tuttavia, che è di primaria importanza che si ‘riempia di sostanza’ una formula (quella della “responsabilità sociale d’impresa” – RSI) che altrimenti rischia di rimanere vaga e incompleta, col rischio di dare vita ancora una volta ad esperienze dall’impatto limitato, come già avvenuto in un passato non molto lontano. Già nel 2002 l’allora Governo italiano aveva inserito infatti la responsabilità sociale d’impresa nella propria azione di governo (con l’avvio del progetto CSR-SC) e nel 2003 tra le priorità del semestre di Presidenza italiana dell’Unione Europea, allo scopo di promuovere “la diffusione della cultura della RSI”. Purtroppo, trascorsi poco più di 15 anni da quell’esperimento, il reiterarsi di gravi violazioni dei diritti umani che avvengono nell’ambito delle attività economiche di imprese o di gruppi industriali italiani (si pensi ad eventi come il crollo del ponte Morandi, i gravi impatti sull’ambiente e sulla salute cagionati dall’ex-Ilva di Taranto, il coinvolgimento di compagnie italiane in accuse d’inquinamento nel Delta del Niger, i rapporti commerciali di importanti marchi italiani con fornitori del Bangladesh responsabili di gravi violazioni dei diritti dei lavoratori, giusto per citarne alcuni) suggeriscono che quell’azione, fondata esclusivamente sul momento dell’autoregolamentazione proveniente dallo stesso settore privato, sia stata deficitaria dal punto di vista dell’efficacia e dell’impatto. A differenza di altri Paesi europei, infatti, la cultura della RSI nel nostro Paese è ancora ben lontana dall’essere sistematicamente praticata. Riteniamo quindi che l’azione di governo in questa materia debba segnare ‘discontinuità’ anche sotto questo specifico profilo.
In terzo luogo, e aspetto positivo, va segnalato che esiste già una linea tracciata dalla quale è possibile, e anzi in alcuni casi doveroso – alla luce degli impegni che derivano dagli strumenti internazionali sui diritti umani di cui il nostro Paese è parte –, prendere le mosse. Ci riferiamo ai Principi Guida ONU su imprese e diritti umani (adottati nel 2011 dalle Nazioni Unite) e in modo particolare al lavoro svolto nella elaborazione del Piano d’azione nazionale su impresa e diritti umani (PAN), adottato dal Governo italiano nel 2016 e oggetto nel 2018 di un processo di aggiornamento e revisione. Con il PAN l’Italia ha iniziato un complicato processo di adeguamento agli standard previsti nei Pilastri dei Principi Guida, ponendosi sulla stessa lunghezza d’onda dei principali Paesi dell’UE e di tanti altri Stati della comunità internazionale.
È necessario sottolineare come i Principi Guida dell’ONU rappresentino uno strumento di natura normativa la cui valenza è radicata nel sistema internazionale dei diritti umani, con standard che vincolano anche lo Stato italiano. Da questo punto di vista, i Principi Guida si differenziano nettamente dal concetto di RSI, che è un processo deciso e adottato a livello d’impresa. Proprio in virtù del carattere normativo dei Principi Guida, occorre che adesso gli indirizzi di governance inseriti nel PAN italiano siano trasfusi in politiche e norme concrete, volte a creare un quadro regolamentare interno coerente e armonizzato in materia di imprese e diritti umani.
Occorre anche, e sempre per rimanere al passo con la prassi già inaugurata da altri Paesi dell’UE, perseguire l’obiettivo fissato nel PAN di attuare il secondo Pilastro dei Principi Guida (la responsabilità delle imprese di rispettare i diritti umani), e ciò anche mediante lo sviluppo di una normativa nazionale sulla Due Diligence aziendale in tema di diritti umani. Bisogna definire, in proposito, se progettare una normativa avente portata generale, oppure che sia applicabile solo ad imprese di certe dimensioni e requisiti, oppure a specifici settori tematici per così dire ‘critici’ (lotta allo sfruttamento della manodopera, lavoro minorile, ecc.). Occorre, infine, in linea col terzo pilastro dei Principi Guida, intervenire sui quei fattori che nel nostro sistema giudiziario interno ostacolano o rendono complicato l’accesso alla giustizia e ai rimedi per le vittime di violazioni dei diritti umani che avvengono nell’ambito delle attività delle imprese italiane, con il rischio che tali ‘carenze’ siano poi sanzionate dagli organismi internazionali di monitoraggio dei trattati internazionali di cui il nostro Paese è parte (tra le tante, è emblematica la vicenda giudiziale che ha visto protagonista l’ILVA di Taranto dinanzi alla Corte europea dei diritti umani nel caso Cordella c. Italia). La Francia è stata pioniera nell’adottare una legge sul “dovere di vigilanza” delle imprese finalizzata a rispondere in modo innovativo al secondo e al terzo pilastro dei Principi Guida. Altri paesi dell’area europea, come Germania e Svizzera, stanno studiando l’adozione di legislazione in materia di human rights due diligence. L’Olanda ha adottato una legge sulla due diligence delle imprese in materia di lavoro minorile; nel Regno Unito, oltre al Modern Slavery Act già in vigore, è in corso un processo di studio guidato dalla società civile circa la possibile introduzione di una legge più ambiziosa.
I tempi sono maturi perché l’Italia inizi un analogo processo di riflessione circa la necessità di introdurre legislazione in materia di human rights due diligence, ponendosi in linea con i propri obblighi internazionali e con l’esempio positivo degli altri paesi europei. Tale prioritaria riflessione deve accompagnarsi allo studio di un bagaglio molto più ampio di misure di cui il nostro Paese è chiamato a valutare l’adozione, una vera e propria roadmap italiana in materia di imprese e diritti umani che implica scelte cruciali.
In questa prospettiva, noi siamo pronti fin d’ora a mettere la nostra competenza in materia di ‘imprese e diritti umani’ a disposizione del nostro Paese, al fine di supportare la realizzazione di un processo che ci auguriamo venga messo in moto al più presto e guidato in modo efficace dalle istituzioni italiane.

Roma, 11 novembre 2019


Proponenti e Co-Direttori Scientifici della “Business and Human Rights” Summer School

ANGELICA BONFANTI, Professoressa Associata di Diritto internazionale, Dipartimento di diritto pubblico italiano e sovranazionale, Università degli Studi di Milano
MARTA BORDIGNON, Presidente Human Rights International Corner (HRIC), Docente a contratto presso la Temple University, Rome Campus
MARCO FASCIGLIONE, Ricercatore di Diritto internazionale, Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo – CNR
CHIARA MACCHI, Ricercatrice Marie Sklodowska-Curie, Wageningen University & Research.


Firmatari
Pia Acconci, Professoressa Ordinaria di Diritto internazionale, Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi di Teramo
Antonella Angelini, Swiss National Science Foundation (SNSF), Postdoctoral Fellow at Columbia Law School
Elisa Bacciotti, Direttrice Campagne e Programmi in Italia, Oxfam Italia
Nadia Bernaz, Associate Professor of Law, Wageningen University and Research
Flaviano Bianchini, Founder and Director of Source International ONLUS
Leonardo Borlini, Assistant Professor of International Law, PhD, Università Bocconi, Milano
Nerina Boschiero, Professoressa Ordinaria di diritto internazionale, Dipartimento di diritto pubblico italiano e sovranazionale, Università degli Studi di Milano
Claire Bright, Assistant Professor Nova University in Lisbon, Research Fellow European University Institute
Martina Buscemi, Assegnista di Ricerca di Diritto internazionale, Dipartimento di diritto pubblico italiano e sovranazionale, Università degli Studi di Milano
Michele Carducci, Professore Ordinario di Diritto costituzionale comparato, CEDEUAM-Università del Salento Lecce
Giuseppe Cataldi, Professore Ordinario di Diritto internazionale, Università degli studi di Napoli “L’Orientale”
Francesco Cazzini, Dottorando di Ricerca di Diritto internazionale, Dipartimento di diritto pubblico italiano e sovranazionale, Università degli Studi di Milano
Jernej Letnar Černič, Associate Professor, Nova Univerza, Ljubljana
Raffaele Cesari, Avvocato civilista, difensore dei diritti umani
Michele Corleto, Ricercatore in Diritto Internazionale, Università telematica Pegaso
Ignazio Corrao, Eurodeputato
Luigi Crema, Ricercatore TD-B di Diritto internazionale, Dipartimento di diritto pubblico italiano e sovranazionale, Università degli Studi di Milano
Giacomo Maria Cremonesi, Co-fondatore Human Rights International Corner (HRIC) e avvocato presso Caiazza & Partners International Law Firm
Maria Francesca Cucchiara, Co-fondatrice Human Rights International Corner (HRIC) e avvocato
Davide Dal Maso, Partner, Avanzi sostenibilità per azioni
Danilo De Biasio, Direttore del Festival dei Diritti Umani
Giosuè De Salvo, Responsabile advocacy, educazione e campagne, Mani Tese
Elisa Giuliani, Professoressa Ordinaria, Dipartimento di Economia e Management, Università di Pisa
Valentina Grado, Professoressa Associata di Diritto internazionale, Università degli studi di Napoli L’Orientale
Marirosa Iannelli, Presidente Water Grabbing Observatory
Franco Ippolito, Presidente Fondazione Lelio e Lisli Basso
Daniel Leader, Barrister and Partner, Leigh Day Law Firm (London)
Deborah Lucchetti, Fair, Coordinatrice Campagna Abiti Puliti
Nina Luzzatto Gardner, Adjunct Professor, Business & Human Rights Johns Hopkins SAIS
Maria Chiara Marullo, Profesora Ayudante Doctor de Derecho Internacional Privado, Universitat Jaume I de Castellón (Acreditada Contratado Doctor)
Axel Marx, Deputy Director Leuven Centre for Global Governance Studies, University of Leuven
Cristiano Maugeri, Programme Developer, Actionaid Italia
Francesca Novella, Policy Assistant, FOCSIV
Marianna Pace, Assegnista di ricerca in Diritto internazionale, Università degli studi di Napoli L’Orientale
Marco Piccolo, Presidente Fondazione Finanza Etica
Irene Pietropaoli, Business and Human Rights Research Fellow, British Institute of International and Comparative Law (BIICL)
Stefano Prato, Managing Director and Editor, Development, Society for International Development (SID)
Chiara Ragni, Professoressa Associata di Diritto internazionale, Dipartimento di diritto pubblico italiano e sovranazionale, Università degli Studi di Milano
Martina Rogato, Co-fondatrice Human Rights International Corner (HRIC) e Sustainability Expert
Margherita Romanelli, Coordinatrice Policy Internazionali per lo Sviluppo Sostenibile, WeWorld-GVC
Francesca Romanin Jacur, Ricercatrice di Diritto internazionale, Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli Studi di Brescia
Valentina Rossi, Ricercatrice di Diritto internazionale, Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo – CNR
Cedric Ryngaert, Professor of Public International Law, Utrecht University
Lorenzo Sacconi, Professore Ordinario di politica economica (economia etica e responsabilità sociale d’impresa), Dipartimento di diritto pubblico italiano e sovranazionale, Università degli Studi di Milano
Luca Saltalamacchia, Avvocato civilista, difensore dei diritti umani
Katia Saro, Lecturer of Business Ethics workshop, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
Andrea Shemberg, Visiting Fellow London School of Economics and former Legal Advisor to the UN Secretary-General’s Special Representative on Business and Human Rights
Andrea Stocchiero, Policy Officer, FOCSIV
Tara Van Ho, Lecturer, School of Law and Human Rights Centre, University of Essex
Anil Yilmaz Vastardis, Lecturer, School of Law and Human Rights Centre, University of Essex
Florian Wettstein, Professor of Business Ethics, Institute for Business Ethics, University of St. Gallen

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