La militarizzazione dell’uso dello spazio sta subendo un’accelerazione negli ultimi dieci anni, con l’acquisizione e la rinascita in molteplici paesi di tecnologie detenute durante la Guerra Fredda solo da Stati Uniti e Unione Sovietica. Lo scorso novembre la Russia ha condotto l’ennesimo test di un missile anti-satellite (ASAT) contro un proprio satellite di dimensioni ragguardevoli (2 tonnellate) a una quota di 480 km.
Il test russo, così come quelli più recenti di Cina (2007, 865 km), USA (2008, circa 260 km) ed India (2019, 283 km) si sono svolti nella fascia LEO (Low Earth Orbit), che si trova ad un’altitudine rispetto alla superficie terrestre tra i 200 km (quota minima per mantenere un’orbita stabile e non subire eccessivamente la resistenza posta dall’atmosfera) e 1000 km circa. È la quota più popolata di satelliti e in cui sono già presenti milioni di detriti spaziali dovuti a satelliti fuori uso, collisioni accidentali, incidenti, ecc. Ciascuno di questi, anche se grande pochi millimetri, può potenzialmente mettere fuori uso un satellite o danneggiarlo, poiché questo tipo di collisioni avviene a svariati km/s di velocità. I detriti di dimensioni pari ad alcuni centimetri sono tracciati per far sì che nel caso in cui ci sia una certa probabilità di incontro con un satellite operativo, questo possa azionare i propri motori ed evitarlo. Ogni volta che aziona i propri propulsori, il satellite accorcia la propria vita operativa, dato che consuma carburante che sarebbe altrimenti stato utilizzato ai fini della sua missione.
All’aumentare della quota in LEO, l’attrito che l’atmosfera esercita su satelliti o detriti diminuisce fino ad annullarsi a circa 1000 km di quota, questi tendono così a permanere più a lungo in orbita. Infatti, sotto i 200 km di quota la resistenza atmosferica comporta il rientro a Terra (con conseguente distruzione) nell’arco di poche settimane, sui 300-400 km si tratta di mesi, a quote superiori di anni o decenni. Sopra i 1000 km circa, assente l’attrito atmosferico, diventa impossibile per un corpo rientrare naturalmente a Terra. Tant’è che i satelliti in orbita geosincrona, a circa 36000 km di altitudine, prima di essere messi fuori servizio vengono spostati nelle cosiddette orbite cimitero per tenerli separati da quelli attivi.

Va comunque notato che un test ASAT, per quanto a bassa quota come il test indiano e USA, ha comportato comunque che alcuni detriti raggiungessero quote più elevate, per quanto decadessero e si disintegrassero nel giro di due anni. Invece, il test cinese del 2007 o quello russo del 2021 hanno portato alla formazione di migliaia di nuovi detriti tracciabili che rimarranno per anni un pericolo per i satelliti attivi, in particolare in una situazione che vede una loro sempre maggiore presenza per via del dispiegamento delle mega-costellazioni, ciascuna delle quali dotata di centinaia o anche migliaia di satelliti. Si tratta di un fenomeno che già di per sé richiederebbe la formazione a livello internazionale di un controllo per il traffico spaziale e relative regole condivise, come già esiste il controllo del traffico aereo.
Preoccupa soprattutto il fatto che le conseguenze deleterie di questi test sono ormai note, e nonostante questo le Forze Armate russe abbiano deciso di condurre il test contro un satellite di dimensioni ragguardevoli (2 tonnellate) adottando per di più limitatissime misure di mitigazione contro la formazione di detriti . La mancata coordinazione tra le Forze Armate Russe e l’agenzia spaziale russa Roscosmos, inoltre, ha fatto sì che non ci sia stato un preavviso per modificare l’orbita della stazione spaziale internazionale ed evitare passaggi ravvicinati con i detriti. Di conseguenza, gli astronauti a bordo della ISS sono stati costretti a salire a bordo delle loro capsule secondo la procedura d’emergenza in caso di possibile impatto con la stazione e depressurizzazione, evento fortunatamente non avvenuto. Lo stesso si è probabilmente verificato a bordo della stazione Tiangong, ma le autorità cinesi per ragioni di opportunità politica non hanno condannato l’accaduto, al contrario di quelle occidentali.
Alla luce di tutto questo, sarebbe opportuno concordare una moratoria immediata sui test ASAT e successivamente un bando a qualunque attività che porti alla perdita di controllo e distruzione di
satelliti, poiché ciascuna collisione aumenta il rischio che se ne verifichino altre e che nasca una reazione a catena che renderebbe molto più complicato l’accesso allo spazio.