Elezioni di Midterm: la mezza vittoria di Biden

Nel momento in cui scriviamo, a due giorni dalle elezioni, ancora non c’è la certezza matematica di quale partito otterrà la maggioranza nelle due camere del Congresso americano. L’unica certezza che abbiamo è che, sebbene il GOP abbia ottenuto dei buoni risultati, l’ondata rossa, che qualcuno aveva definito addirittura tsunami, non c’è stata. La scommessa lanciata dall’ex presidente Trump, un all-in per riaffermare la propria supremazia politica e imporre una eventuale ricandidatura per il 2024, ha visto i repubblicani fermarsi al palo di un risultato deludente rispetto ad aspettative così gonfiate. Più che di onda rossa, in questo caso conviene parlare di bolla rossa montata dai sondaggi – in particolare dal celebre FiveThirtyEight di Nate Silver – che dava i repubblicani stra-favoriti per la Camera e favoriti per il Senato. Contrariamente alle aspettative, in entrambi i casi si sta verificando un sostanziale pareggio, come nelle elezioni dei governatori, dove su 36 stati al voto 20 dovrebbero andare ai Rep. e 16 ai Dem., ma con Maryland e Massachusetts persi dai primi a favore dei secondi e vicini a ribaltare il terzo, ovvero l’Arizona. Insomma, anche se i repubblicani dovessero aggiudicarsi la maggioranza in entrambe, sarebbe sottilissima, facile da ribaltare con l’aiuto di qualche volontario più moderato.

Come noto, nelle elezioni generali del 2020 Biden vinse il voto popolare con un vantaggio di circa 7 milioni di voti ed anche il voto dei grandi elettori 306 contro 232. Ciononostante, il presidente uscente contestò duramente i risultati elettorali definendoli truccati e scatenando un movimento che portò sostanzialmente all’insurrezione del 6 gennaio 2021. Ancora, sebbene i voti siano stati più volte certificati sia a livello locale che federale, la narrazione della ‘elezione rubata’ è stata posta al centro della campagna elettorale da parte di alcuni candidati repubblicani e di Donald Trump, ancora forte della sua leadership nel partito. Alla Camera i democratici ottennero una sottilissima maggioranza, 222 a 213, mentre al Senato la situazione fu ancor più difficile con un pareggio di 50 a 50 e una traballante maggioranza sorretta dal voto della Vice Kamala Harris che la presiede. Se i dem mantenessero la camera più alta sarebbe considerato per il partito del presidente un grande successo, considerato che alle elezioni di metà mandato si dà per scontato – statistiche alla mano – che chi governa perda almeno la maggioranza alla Camera bassa. Man mano che i voti vengono contati sembra che, almeno a questa tornata, la strategia del puntare tutto su ‘l’elezione rubata’ accorpando questo tema con quello ancor più delicato del diritto all’aborto, sia stato fallimentare, andando a motivare ancor di più il voto dei democratici comunque critici verso la presidenza (il tasso di approvazione di Biden è misurato oggi poco sopra al 40%). Mentre i critici di Trump dentro e fuori dal partito esultano, sottolineando che se avesse optato per un profilo più basso, concentrandosi sui temi economici, una vittoria potesse essere a portata di mano, benché stemperata da un’affluenza molto bassa.

Ingrandendo la cartina elettorale alcune elezioni sembrano dare il passo per il futuro, destando particolare attenzione negli osservatori: l’imponente riconferma del governatore repubblicano Ron DeSantis in Florida, l’unico ad oggi che sembra in grado di sfilare la leadership ancora salda nelle mani di Trump, e l’elezione del senatore democratico John Fetterman in Pennsylvania, mentre cala il consenso dei dem nel confinante stato di New York, sempre blu intenso negli ultimi anni; in Georgia, invece delude di nuovo (dopo la sconfitta del 2020) la candidatura a governatrice di Stacey Abrams che si ferma al 46% in uno degli stati cruciali che alla scorsa tornata garantirono la vittoria proprio ai dem. Quella che sembrava poter diventare una sconfitta terribile per Biden sembra trasformarsi in una mezza vittoria, in un paese alle prese con la crisi economica e con una politica estera imbrigliata dalla guerra in Ucraina, un paese ancora alle prese con una polarizzazione identitaria di cui l’elettorato sembra essere stanco, mentre il mondo osserva con attenzione.

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