Di Nona Mikhelidze*
Oggi è estremamente importante non definire lo stato delle relazioni tra Russia e Occidente concentrandosi su ciò che sarebbe desiderabile per ciascuna parte.
Serve piuttosto porre l’attenzione su cosa è possibile date le condizioni e le restrizioni esistenti, e su come l’Unione Europea può migliorare le relazioni con la Russia, che ad oggi sono pressoché inesistenti.
Al momento le diciotto piattaforme settoriali di dialogo bilaterale sono state congelate. Per quanto ci siano ancora incontri occasionali incentrati su questioni politiche e di commercio, esse non sono sufficienti per l’avanzamento dei rapporti bilaterali.
Lo dimostrano tanto i dati economici degli ultimi anni quanto, soprattutto, la divergenza di posizione dei paesi europei nei confronti della Russia.
Con un commercio drasticamente ridotto, parte dell’Europa afferma che la Russia è un partner fondamentale e invoca un maggiore impegno. I sostenitori di questa posizione, condivisa da una buona parte dell’opinione pubblica italiana, affermano che la Russia deve essere vista come parte della soluzione e non solo come parte del problema. Gli stati membri che sostengono il dialogo sono percepiti dagli altri membri come cedevoli di fronti alle posizioni russe.
In tale contesto, la questione principale è capire quanto sia realistico stabilire un dialogo con Mosca in cui l’Occidente possa comunicare e ribadire i propri principi e approfondire allo stesso tempo le possibilità di cooperazione e accordo.
Per comprendere quanto detto, è necessario adottare un approccio realista. È preferibile non avere grandi aspettative (cosa che porterebbe inevitabilmente a grandi delusioni) ed è necessario comprendere in profondità le differenti prospettive dell’Occidente e di Mosca. Nello specifico:
- Divergenze a livello ideologico: il tipo di governance russo è sempre più in contrasto con il modello di liberalismo occidentale. La condotta del Cremlino a livello internazionale, inoltre, è ancora molto lontana da ciò che è considerato in Occidente come un modello di commitment a un ordine internazionale regolamentato. Questa divergenza di valori è un motivo di tensione inevitabile tra le parti. Ci sono vari attori a livello di Unione Europea – istituzionali e non – che auspicano che questa dimensione normativa venga presa in analisi dai governi europei nel formulare politiche nei confronti di Mosca. La domanda che sorge è dunque come affrontare il crescente gap valoriale tra la forma di governance russa (che determina anche il policy-making in politica estera) e il liberalismo occidentale.
- Il secondo motivo di tensione riguarda lo status del vicinato post-sovietico. Anche se le istituzioni euroatlantiche non sembrano avere intenzione di offrire la membership a Ucraina, Georgia e Moldavia, vi è comunque consenso all’interno dell’UE sulla necessità di intessere relazioni politiche ed economiche con questi paesi attraverso una maggiore uniformazione delle loro strutture di governance con gli standard occidentali. È stata questa la logica che ha portato alla conclusione del programma di partenariato. Mosca, d’altro canto, interpreta questa politica occidentale come un tentativo dell’Unione Europea di interferire in zone di particolare interesse russo. La domanda in questo caso diventa come riconciliare visioni divergenti sullo status del vicinato post-sovietico. Fino ad ora, nessun modello possibile è emerso.
- La terza questione riguarda la divergenza su un problema più generale, ovverosia il sistema di sicurezza euro-atlantico. L’Occidente vuole preservare il sistema basato sulla Carta delle Nazioni Unite, sui principi di Helsinki affermati nel 1975 e sulla Carta per una nuova Europa di Parigi del 1990. Tutti questi documenti sono in crescente contrasto con il tentativo russo di mantenere la propria influenza sullo spazio post-sovietico e di appropriarsi di una forma di potere di veto sulle attività dell’Unione e della NATO nella regione. A questo proposito, per condurre una discussione significativa sulla sicurezza europea è necessario affrontare la questione della crisi Ucraina.
Prendendo in analisi queste divergenze, l’UE ha proposto cinque principi guida nelle relazioni con Mosca: (1) piena implementazione degli accordi di Minsk, con l’obiettivo di giungere alla risoluzione dei conflitti in Ucraina come elemento cruciale per qualsiasi cambiamento sostanziale nelle relazioni (2) rafforzare le relazioni con i partner dell’est Europa e con gli altri ‘vicini’, in particolare in Asia Centrale (3) rafforzare la resilienza interna all’Unione Europea, soprattutto considerando la sicurezza energetica, le minacce ibride e la comunicazione strategica, ma non solo (4) avviare un dialogo prudente e misurato con Mosca, ad esempio in merito a Iran, al Processo di Pace in Medioriente, al conflitto siriano, alla migrazione, alla lotta al terrorismo o al cambiamento climatico (5) l’ultimo principio riguarda la volontà di incrementare il supporto alla società civile russa, impegnarsi e investire nei contatti tra persone, negli scambi e nelle politiche a essi collegate.
Stando a questo modello d’azione, relazioni normali sono impossibili. In effetti, questi cinque principi europei, su cui dovrebbero basarsi i rapporti con Mosca, non fanno altro che confermare lo status quo e non promettono alcun passo in avanti.
Inoltre il tentativo dell’Unione di collaborare maggiormente con i paesi dell’Asia Centrale non farebbe altro che aumentare le tensioni con la Russia. Il Ministero degli Esteri russo ha già affermato che l’intenzione dell’UE di sviluppare una partnership nelle relazioni con l’Asia Centrale porterà agli stessi problemi che si possono osservare in Moldavia e Ucraina.
Lo stesso può dirsi dell’ultimo punto, ossia il supporto dell’UE della società civile russa. Nella versione dei fatti di Mosca, infatti, la principale responsabilità dell’Occidente è quella di fomentare proteste di massa e rivoluzioni, mascherando le proprie azioni attraverso aiuti finanziari per la società civile. Torniamo così al gap valoriale che sussiste tra Russia e Occidente. Se per noi le manifestazioni civili posso essere considerate alla stregua di legittime proteste contro un governo malfunzionante, contro la corruzione o la mancanza di rule of law, l’élite russa le percepisce come una minaccia diretta e, quindi, come un conflitto securitario tra l’intervento esterno e il tentativo di preservare la sovranità nazionale. Anche se è possibile comprendere questa paranoia in termini analitici, non ci risulta possibile rimuovere e azzerare le paure della leadership. Da un punto di vista normativo, non possiamo garantire che non ci saranno proteste contro il governo, in Russia o altrove nel vicinato, e che condanneremo queste proteste, dando al governo il nostro supporto. Così come, in termini pratici, non possiamo manipolare queste proteste o, ancora meno, reprimerle.
Come è possibile notare, sono presenti profonde divergenze tra Occidente e Russia e, quindi, non ci si dovrebbe aspettare di poterle risolvere nel breve periodo. Piuttosto, l’Occidente dovrebbe imparare a conviverci e a restare fedele ai propri valori e principi.
*Istituto Affari Internazionali