L’Italia è spesso considerata “ultima tra le grandi o prima delle escluse” sullo scacchiere internazionale, per definizione potenza regionale con aspirazioni globali, ma sono in molti a denunciare l’assenza di una visione strategica[1]. La natura della Penisola e la sua vocazione marittima sono un vantaggio che si può convertire in vulnerabilità. Il ritardo infrastrutturale di Genova e Trieste rispetto ai porti del Nord Europa lo dimostra e le acque del Mare nostrum sono sempre più agitate.
Interesse nazionale non è una parolaccia
Da secoli, la strategia italiana è fondata sull’esserci, pur non sapendo con quale fine, sperando in tal modo di contare. Dai bersaglieri di Cavour in Crimea sino all’Afghanistan, siamo impegnati in scenari senz’altro rilevanti, ma non sempre prioritari per l’interesse nazionale, per anni considerato un termine controverso in politica. L’errore più grave sarebbe regalare l’esclusiva su questo concetto a movimenti sovranisti e rosso-bruni.
Identificare gli interessi prioritari di una comunità è fondamentale per comprendere la strategia nazionale. Spesso decisioni tattiche o di policy vengono fraintese per geopolitica, mentre pensare in modo strategico significa ragionare pragmaticamente sugli obiettivi di lungo periodo, non sul come raggiungerli. Occorre dunque chiarirsi le idee sulla postura dell’Italia nei confronti delle iniziative euro-atlantiche e globali.
Nel dibattito sull’autonomia strategica europea, Angela Merkel ha sostenuto che “i tempi in cui potevamo contare completamente su altri sono finiti”[2]. Emmanuel Macron ha invitato la Polonia, insieme alla Germania, al prossimo incontro sul progetto di riforma europeo, ma l’Italia resta spettatrice[3]. L’Eliseo ha anche proposto un “dialogo strategico, con i partner europei interessati, sul ruolo della deterrenza nucleare francese”[4], mossa che va di pari passo con l’European Intervention Initiative (E2I) a guida francese. Non è chiara la posizione italiana rispetto a queste proposte.
L’esperienza del governo Lega – M5S ha segnato una pericolosa deriva verso il gruppo di Visegrád, venendo scalzati da Spagna e Polonia nei rapporti con il “motore franco-tedesco”. È certamente nell’interesse nazionale di una media potenza insistere sul multilateralismo, ma anche prendere decisioni indipendenti come l’adesione alla Belt and Road Initiative[5]. Roma deve tutelare le proprie risorse strategiche, fra cui Eni ed Enel, diversificare i fornitori energetici e insistere per divenire l’hub gasiero meridionale dell’Unione Europea.
È nell’interesse nazionale colmare le lacune della ridotta capacità militare con praticamente due sole brigate pesanti operative, la dipendenza logistica, la capacità di intervento rapido e operazioni anfibie, il divario digitale e di innovazione tecnologica, ma anche una politica demografica che affronti spopolamento e invecchiamento, che porteranno il Paese a contare ancora meno in termini politici ed economici nel contesto europeo.
Valorizzare fondazioni di partito e think tank
Quando c’è assenza di visione o di esperienza in chi guida dicasteri chiave come Esteri e Difesa, si tende a delegare la pianificazione a (eccellenti) burocrati diplomatici o militari. Decisioni e dossier spesso fondamentali sono lasciati alla discrezionalità di singoli parlamentari o consiglieri. Ma le strategie non sono indifferenti a sensibilità culturali e politiche, che fanno la differenza nei risultati.
I partiti si devono dotare di strutture interne e fondazioni di ricerca, come avviene in Germania e altrove, che garantiscano uno studio approfondito dei temi di politica estera. Il PD ha annunciato l’idea di una fondazione sul modello tedesco, ma per ora non sono operativi neppure dipartimenti e forum tematici del partito[6]. Gli altri soggetti politici non brillano per democrazia o dialettica interna. I risultati modesti e disordinati sono evidenti.
L’Italia naviga a vista, complice anche l’instabilità di esecutivi fragili, incapaci di assumersi responsabilità di lungo termine. Sarebbe utile anche incrementare la collaborazione con i principali think tank nazionali, considerati all’avanguardia nel panorama europeo ma forse sottovalutati in patria. Non è un caso se le principali potenze, dominanti o in ascesa, sono quelle capaci di elaborare una lungimirante visione geopolitica[7].
Diplomazia al servizio della strategia
Nell’elezione al Consiglio di Sicurezza ONU del 2016, la spartizione del seggio con i Paesi Bassi ha dimostrato la difficoltà di imporsi anche sul piano diplomatico[8]. Il norvegese Jens Stoltenberg fu preferito a Franco Frattini alla guida dell’Alleanza Atlantica, nonostante il notevole contributo operativo dell’Italia, e il britannico Stuart Peach prevalse su Claudio Graziano nel Comitato militare. Anche sul nucleare iraniano e le sanzioni, benché l’Italia fosse il principale partner commerciale di Teheran, non siamo stati coinvolti nel P5+1 o dal Tesoro Usa.
La diplomazia è fra i tradizionali elementi del potere nazionale: l’acronimo “DIME” elenca gli strumenti diplomatico, informativo, militare ed economico. L’Italia fatica ad usarli a fondo e coordinarli. La dottrina interforze parla del Mediterraneo allargato come area strategica e il Libro Bianco della Difesa avvertiva del rischio di instabilità dal Sahel. Eppure, per decenni l’Italia non ha avuto ambasciate in nessuno dei paesi del Sahel salvo il Sudan. Nel 2018 è stata aperta solo quella in Niger, una lacuna strategica grave.
Libia e Tunisia sono fondamentali, non solo per la sicurezza energetica. La Tunisia deve diventare sempre più interlocutore privilegiato, unico laboratorio di successo delle primavere arabe, per farne un alleato stabile, consapevoli dell’importanza geopolitica di quel choke point e memori dello “schiaffo di Tunisi” del 1881 che restituimmo alla Francia con il “golpe medico” del 1987[9].
La Strategia Energetica Nazionale del 2017 è un passo avanti, ma l’Algeria ha dimezzato le forniture coi nuovi contratti del 2019[10]. In attesa del TAP e per emanciparci parzialmente dalle forniture russe, occorre rilanciare il dialogo con Algeri alla luce del nuovo corso politico, ma anche lì la nostra diplomazia gioca ad armi ìmpari: un rapporto di dieci ad uno con il personale transalpino, Parigi schiera l’equivalente di un ministero.
L’Italia deve anche farsi campionessa dell’integrazione europea dell’Albania e degli altri paesi balcanici, bloccati dal veto di Macron, e rilanciare il partenariato adriatico. Altri sintomi dell’assenza strategica italiana: il Berlin Process sui Balcani e la conferenza sulla Libia sono opera tedesca. Infine, nel Corno d’Africa, Roma dovrebbe scommettere su una relazione speciale con l’Etiopia, gigante africano già nelle mire cinesi e francesi, con una strategia di soft power più intensa, per offrire educazione e programmi di scambio alla futura classe dirigente etiope, e un trattato bilaterale ampio.
Dare dignità alla Difesa
Nelle crisi che minacciano la sicurezza nazionale, le proteste italiane perdono spesso credibilità perché non sono accompagnate da deterrenza e dissuasione militare, nel timore dell’opinione pubblica. Regna una certa ipocrisia anche sulle missioni multinazionali, con un impegno solo per attività non combat: forniamo basi, svolgiamo ricognizioni e supporto logistico, ma non ci assumiamo la responsabilità di premere il grilletto.
Domina il leitmotiv dell’assistenza umanitaria, come con l’ospedale da campo a Misurata, in uno scenario che invece avrebbe bisogno della Marina militare a protezione di Tripoli bombardata[11]. Le uniche fregate davanti alla capitale libica sono però quelle turche, fisiologicamente subentrate all’inerzia italiana[12]. Nella narrazione si aggiunge il mantra del dual use, mal digerito dalle Forze Armate, che esistono per difendere e combattere, non per la raccolta dei rifiuti o le funzioni di protezione civile.
Consolidiamo i passi avanti, come la base Amedeo Guillet in Gibuti, ancora poco sfruttata, e il decreto del 2016 che conferisce all’intelligence l’uso delle forze speciali con garanzie funzionali. Fondamentali sono stati il potenziamento del sistema satellitare Cosmo – SkyMed con il lancio di OPTSAT-3000[13] e della capacità anfibia con il varo di nave Trieste. Bisogna però accelerare il rinnovamento della componente sottomarini[14]. Altrettanto cruciali sotto il profilo industriale sono la joint venture Naviris[15], tra Fincantieri e Naval Group, dopo il progetto fregate FREMM, ma anche l’adesione di Leonardo al progetto caccia di sesta generazione Tempest[16] e il partenariato Fincantieri con il Qatar[17]. Tutte queste iniziative devono essere concepite come parti di una strategia.
Infine, occorre impiegare lo strumento militare in funzione dissuasiva, laddove l’interesse nazionale venga minacciato. Nel 2018 la nave Eni Saipem 12000 fu costretta a fare dietrofront dalla marina turca a largo di Cipro[18]. Finalmente, a dicembre 2019 la fregata Martinengo ha svolto un’esercitazione in acque cipriote[19], a gennaio 2020 una nave turca ha comunque iniziato ad esplorare il “blocco 8” di competenza Eni e Total[20]. Dall’8 al 10 febbraio la fregata Fasan ha sostato a Cipro nell’ambito del pattugliamento in funzione di naval diplomacy, che deve perciò essere costante e convincente[21].
In conclusione, occorre tornare a elaborare seriamente
una strategia geopolitica consapevole dei propri limiti e delle potenzialità, al
servizio dell’interesse nazionale, coinvolgendo il mondo del sapere, dando
spazio ai dipartimenti tematici dei partiti e alle fondazioni politiche. Puntare
sulla vocazione marittima dell’Italia e su alcune relazioni privilegiate,
colmando le lacune diplomatiche e superando i limiti culturali sull’impiego
dello strumento militare.
[1] https://www.affarinternazionali.it/2020/01/subito-assenza-strategy/
[2] https://it.euronews.com/2017/05/28/angela-merkel-leuropa-dovra-fare-da-sola
[3] https://it.euronews.com/2020/02/04/macron-francia-germania-e-polonia-alla-testa-dell-ue-dopo-la-brexit
[4] https://www.politico.eu/article/emmanuel-macron-european-dialogue-french-nuclear-arms/
[5] https://www.ilsole24ore.com/art/china-italy-cooperation-the-belt-and-road-initiative-ABajqCgB
[6] https://www.ilsole24ore.com/art/pd-ecco-fondazione-modello-spd-formare-classe-dirigente-partito-ABKJKvkB
[7] https://it.businessinsider.com/i-think-tank-piu-influenti-del-mondo-centri-studi-che-orientano-le-politiche-dei-governi-e-le-opinioni-della-gente/
[8] http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Onu-in-corso-il-terzo-ballottaggio-tra-Italia-e-Olanda-per-un-posto-nel-Consiglio-di-Sicurezza-537e656c-296b-4993-befa-9afae858359e.html
[9] https://www.repubblica.it/online/fatti/afri/nigro/nigro.html
[10] https://www.ilsole24ore.com/art/gas-l-algeria-i-nuovi-contratti-dimezza-forniture-all-italia-AC4WpWy
[11] https://agenziastampaitalia.it/politica/politica-estera/48858-iran-ammiraglio-de-giorgi-l-italia-aumenti-la-presenza-di-navi-per-sorveglianza
[12] https://www.repubblica.it/esteri/2020/01/29/news/libia_guerra_haftar_serraj-247105753/
[13] http://www.aeronautica.difesa.it/comunicazione/editoria/rivaeronautica/archivio/RA_2017_04/Pagine/Articolo_1.aspx
[14] https://www.soldionline.it/notizie/azioni-italia/fincantieri-al-lavoro-per-la-marina-quattro-nuovi-sottomarini-in-arrivo
[15] https://www.analisidifesa.it/2020/01/al-via-naviris-la-joint-venture-tra-fincantieri-e-naval-group/
[16] https://www.affarinternazionali.it/2019/03/caccia-fcas-italia-asse/
[17] https://www.repubblica.it/economia/2020/01/24/news/fincantieri_qatar-246564933/
[18] https://www.repubblica.it/esteri/2018/02/23/news/eni_cipro_saipem_nave_piattaforma_tuschia_speronamento-189577201/
[19] https://it.insideover.com/guerra/la-marina-si-esercita-a-largo-di-cipro.html
[20] https://www.corriere.it/economia/aziende/20_gennaio_29/libia-provocazione-turca-cosi-l-italia-mediterraneo-come-cambia-risiko-petrolio-07b660b0-4271-11ea-8fab-5eae1fe9ccd1.shtml?&appunica=true
[21] http://www.marina.difesa.it/media-cultura/press-room/comunicati/Pagine/2020_06.aspx