Da Bergoglio una lezione di leadership

Ci sono solo 600 metri tra Piazza Venezia e la chiesa di San Marcello al Corso. Un tratto della via dello shopping più famosa di Roma che forse Papa Francesco ha percorso a piedi per la prima volta da quando è Vescovo – prima che Papa – di Roma.

Probabilmente la foto di quest’uomo che cammina solo (distanziati di qualche metro gli uomini della sicurezza) in una Roma deserta di una domenica pomeriggio di tardo inverno rappresenta più di ogni altra cosa lo smarrimento dell’Occidente – e delle sue leadership – di fronte all’inaspettata pandemia.

Più dei discorsi alla nazione dei Capi di Stato o di Governo, più dei messaggi e delle gaffe dei responsabili delle organizzazioni internazionali – che hanno dimostrato in questo momento storico tutti i loro limiti – sui libri di storia assieme ai morti e alle conseguenze drammatiche sull’economia mondiale resterà l’immagine del Vescovo di Roma.

Un uomo di 83 anni con un solo polmone, zoppicante, emblema di quella terza età e di quella fragilità più in pericolo nell’emergenza Covid-19 che, come un comune pellegrino, si avvia in chiesa per chiedere un miracolo. È un’immagine potentissima, pur nella società secolarizzata del XXI secolo che preferisce affidarsi – per fortuna – alla scienza.

Gli altri casi storici

Nella storia della chiesa cattolica sono diversi gli episodi capaci di cambiare le sorti del mondo che vedono protagonisti dei Papi. Uno di questi ci porta all’Aprile del 799. Leone III mentre è diretto alla chiesa di San Lorenzo in Lucina è vittima di un attentato. Due suoi funzionari minacciano di cavargli gli occhi e strappargli la lingua. Aiutato a fuggire da alcuni suoi amici, è condotto a Paderborn, nella Renania occidentale, dove si trovava a soggiornare un sovrano che cambierà i destini dell’Europa. È Carlo Magno che, da allora, diventa difensore della chiesa romana e Rex Pater Europae. L’incontro di Paderborn – attestato da un anonimo poeta li presente – culminerà con l’incoronazione del sovrano carolingio nella basilica di San Pietro. L’Europa quale entità geopolitica e culturale, non più prettamente geografica, nasce proprio in quegli anni.

L’altro evento che ha cambiato gli scenari in Europa è avvenuto in pieno medioevo ed ha per protagonisti Bonifacio VIII e Filippo il Bello. Dopo la scomunica da parte del Papa, Filippo IV inviò ad Anagni dei suoi emissari, tra questi Giacomo Colonna che schiaffeggiò Bonifacio VIII.Conseguenza dello schiaffo di Anagni – un’umiliazione e un oltraggio morale inaccettabile per la potentissima chiesa romana del medioevo – furono gli anni della Cattività Avignonese. Altro atto potentissimo e dalle conseguenze importantissime -specie per la politica italiana – fu il “Non Expedit” pronunciato da Pio IX nel 1874 con cui si imponeva ai cattolici il divieto di partecipare alla vita politica del neonato Regno d’Italia. Fino al 1919, quando il Non Expedit fu revocato da Benedetto XV, i cattolici non contribuirono al dibattito politico italiano e al consolidamento dello stato liberale, lasciando le Istituzioni alla Destra e Sinistra storica fino alla nascita del Partito Popolare Italiano di Don Luigi Sturzo.

Più vicino a noi, c’è stato un episodio capace di scatenare vivaci discussioni per settimane incrinando i rapporti tra cattolici e mussulmani. È il famoso discorso di Benedetto XVI all’università di Ratisbona del 12 settembre 2006 in cui Ratzinger, tornando nella sua terra, si sofferma sul rapporto tra Fede, Ragione e Jihad. Lasciando da parte la storia – pur se recente – il Vaticano, racchiuso nei suoi 44 ettari, da Stato più piccolo del mondo – Osservatore ( denominato Santa Sede) all’Onu – continua ad essere un protagonista della politica globale, capace di incidere sulle sorti del mondo anche in virtù della crescita esponenziale dei cattolici in alcune aree del mondo, su tutti l’America Latina.

La prevenzione dalla fine del mondo

Ed è proprio dalla “fine del mondo” che proviene Jorge Mario Bergoglio, fautore – assieme ai suoi gesti simbolici- di una chiesa “povera e per poveri”. Bergoglio è un pontefice popolare e non populista come lo vorrebbero dipingere alcuni suoi detrattori. L’unico vero leader – politico prima che spirituale – del decennio, in anni in cui le classi politiche faticano a proporre leadership di successo.

Dalle strigliate all’Europa “nonna” ai viaggi a Lesbo e Lampedusa, fino alla speranza di recarsi in Cina e Iraq.

Dal dialogo ecumenico fino al tentativo di portare ordine nella Chiesa cattolica, lui – che potremmo definire un progressista, ha capito che nemmeno la chiesa può restare chiusa nei suoi retaggi ed orpelli e deve aprirsi alle sfide della modernità.

E parlando del CoronaVirus, ai primi di marzo, a chi gli faceva domande sul suo stato di salute, lucido e fermo rispondeva: i virus in Vaticano solo altri…

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