Mancano poco più di tre mesi all’appuntamento elettorale più atteso di quest’anno: le elezioni presidenziali americane che si terranno il 3 di novembre. Sebbene molti sondaggi nazionali attribuiscano un vantaggio al candidato democratico Joe Biden, la strada è ancora lunga. La crisi ha reso necessario un cambio di strategia per Donald Trump, che ha degradato il suo campaign manager Brad Parscale per dar spazio Bill Stepien. Dall’altro lato Biden si trova a pochi passi dal rendere pubblica la decisione più cruciale, quella della donna che gli sarà accanto nel ticket presidenziale.
Donald Trump alla prova per la rielezione
Come noto, nel 2016 Donald Trump vinse di misura contro Hillary Clinton grazie soprattutto ad alcuni swing states che l’incumbent mira a riconquistare a novembre. Come noto, i sondaggi effettuati a livello nazionale vanno presi con estrema cautela perché, seppur sintomo di un andamento generale positivo per i Democrats, possono essere un semplice specchietto per le allodole, come alla precedente tornata contro la favorita Clinton. The Donald paga lo scotto della pandemia col suo elettorato. Il Presidente Trump ha evitato di imporre misure sanitarie a livello federale, delegando gran parte della gestione ai singoli stati, questa mancanza di responsabilità è stata aggravata da un atteggiamento di malcelata sottovalutazione emerso soprattutto durante i coronavirus brifieng. Dichiarazioni controverse su cure non sperimentate o sospetti sulla provenienza del virus, il lungo rifiuto di indossare la mascherina ed interrompere gli eventi pubblici, hanno lasciato spazio ad un Trump più circospetto dopo il fallimento della Convention di Tulsa. Improvvisamente, per il Presidente, chi indossa la mascherina è un patriota mentre la Convention Repubblicana di Jacksonville non s’ha da fare. Il rischio, cinicamente, è anche quello di perdere i pensionati della Florida che lo sostenerono quattro anni fa.
Ma sono anche altri i temi che bollono in pentola già da qualche mese. Il primo è quello del razzismo sistemico collegato alle riforme della polizia, il secondo è quello della Cina sempre più nel mirino della presidenza. La condotta degli affari internazionali da parte di Trump ha un indice di gradimento scarso (disapprove al 55% per RCP) perciò, oltre alla legittima difesa degli interessi economici e geopolitici degli USA, dietro questa levata di scudi contro Pechino sembrano esserci motivazioni molto più elettoralmente prosaiche. Bisogna vedere quanta pressione la Repubblica Popolare Cinese sia disposta a sopportare considerato che, a Xi Jinping, nonostante le apparenze potrebbe fare persino comodo che resti in carica Donald Trump, soprattutto perché il disimpegno multilaterale di Washington ha concesso margini di manovra. Non si escludono colpi di scena più eclatanti da parte di Donald Trump per catalizzare l’attenzione in vista dell’appuntamento elettorale.
La corsa Dem è sempre in salita
La corsa per i Democratici è sempre in salita, questo non bisogna dimenticarlo neppure quando i sondaggi sembrano parlare chiaro: +9 nella media nazionale di RealClearPolitics.com[1]. Per Joe Biden la strategia emergerà quando sarà svelato il nome della running-mate che lo accompagnerà nella sfida a Trump.
Le incognite sembrano ancora troppe e il momento poco propizio, dato che l’annuncio dovrebbe far focalizzare i media sulla campagna democratica mentre al momento ci sono altre questioni chiave nel mirino, come gli scontri tra manifestanti e polizia a Portland o l’aumento di casi Covid in Florida. Sappiamo che la VP sarà donna ma nelle settimane trascorse, con la lista delle aspiranti che si allungava, la figura che dovrà accompagnare l’ex Vice di Obama ha assunto le forme di una chimera.
La candidata perfetta, che sembra non esistere in natura, dovrebbe avere alcune caratteristiche: ad oggi l’elettorato si aspetta che sia di colore, anche se al contempo dovrebbe attrarre il voto delle casalinghe bianche dei suburbia; dovrebbe essere piuttosto giovane, ma aver accumulato abbastanza esperienza a Capitol Hill, in modo da essere per Biden una solida spalla e una futura candidata forte alla presidenza; dovrebbe essere un volto riconoscibile a livello nazionale ma mantenere un solido legame con il territorio di provenienza, magari proprio uno swing state; dovrebbe piacere ai giovani e alle minoranze, ma non essere troppo progressista. Si capisce che, almeno tra i nomi che sono stati fatti finora, nessuna candidata possieda tutte queste caratteristiche e che quindi, a seconda di quale sarà la scelta si capirà più chiaramente la strategia democratica. Alcuni danno per favorita la senatrice Kamala Harris, che però sembra penalizzata dal non aver costruito un buon rapporto con Biden in questi mesi. L’attesa si fa trepidante, soprattutto perché in gioco c’è il futuro della politica globale. Far crescere l’entusiasmo del proprio elettorato, ma anche semplicemente far registrare le persone al voto, non sarà semplice per i democratici costretti ad una Convention Online tra il 17 e il 20 agosto. Le carte saranno presto svelate, mentre il mondo resta a guardare, col fiato sospeso.
[1] Dato riferito al 27 luglio 2020 nella media dei sondaggi nazionali General Election Trump vs Biden, https://www.realclearpolitics.com/epolls/2020/president/us/general_election_trump_vs_biden-6247.html