La scelta cruciale della Turchia

Quando il Partito di Giustizia e Sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi, AKP) prese il potere nel 2002, la sua ideologia rifletteva lo zeitgeist dell’epoca post-11 settembre: un islamismo moderato alleato col mondo occidentale, un neoliberalismo in contrapposizione con la tradizione economica interventista della repubblica turca, una politica estera favorevole all’Unione Europea. Molti commentatori europei vedevano l’AKP come un attore in grado di costruire una Turchia  musulmana, democratica ed pro-occidentale.

Le radici islamisti di AKP hanno impedito un tale progetto. AKP e il suo leader Recep Tayyip Erdoğan  hanno costruito un regime autoritario simile alla Russia di Putin. Quando la natura del regime in Turchia è stata compresa, l’opinione pubblica europea non era più quella ottimista e pro-allargamento dei primi anni 2000, e il popolo turco è rimasto solo a confrontarsi con un regime sempre più autoritario. In un dubbio referendum tenutosi nel 2017, la Turchia è passata al regime presidenziale (%51,4 voti a favore, % 48,6 voti contrari)[1], caratterizzato da deboli meccanismi di controllo ed equilibrio.

Il 14 maggio in Turchia si terranno le elezioni generali e presidenziali. I candidati sono quattro: Recep Tayyip Erdoğan (presidente attuale, islamista), Kemal Kılıçdaroğlu (il leader dell’opposizione, socialdemocratico), Muharrem İnce (populista) e Sinan Oğan (ultranazionalista, panturchista). Gli ultimi due candidati non hanno molte possibilità di successo alle elezioni.

 Ci sono due blocchi e tre alleanze in competizione: l’Alleanza Popolare, che include AKP, il suo alleato ultra-nazionalista Partito del Movimento Nazionalista (Milliyetçi Hareket Partisi – MHP) e alcuni piccoli partiti di destra islamista; l’Alleanza Nazionale, che include il partito socialdemocratico Partito Repubblicano del Popolo (Cumhuriyet Halk Partisi – CHP) guidato da Kılıçdaroğlu con i suoi alleati centristi, nazionalisti e conservatori; ed un terzo blocco, detto l’Alleanza del Lavoro e Libertà, formato dal partito pro-curdo Partito di Sinistra Verde (Yeşil Sol Parti -YSP) ed i suoi alleati di sinistra, che supporta ugualmente Kılıçdaroğlu.

La politica economica di Erdoğan ha fatto precipitare il Paese in una crisi economica iniziata nel 2018: il presidente turco riteneva che, pur abbassando i tassi d’interesse, si potesse comunque tenere sotto controllo l’inflazione. Questo approccio, combinato con i problemi strutturali dell’economia turca, ha innescato invece una massiccia inflazione, una crisi del debito e il deprezzamento della lira turca. La situazione è stat ulteriormente aggravata dal catastrofico terremoto del 6 Febbraio 2023, che ha distrutto importanti città come Antakya, Kahramanmaraş ed Adıyaman. La mancata adozione delle necessarie precauzioni in queste città, notoriamente zona sismica, e l’incompetenza dello Stato dopo il disastro hanno creato una profonda disperazione.

Questi elementi rendono CHP e la sua alleanza nazionale ed il suo leader Kemal Kılıçdaroğlu i favoriti delle prossime elezioni. La media di dieci sondaggi fatti in aprile 2023 suggerisce che Kılıçdaroğlu riceverà il 47,5% dei voti. Erdoğan lo segue con 44,4%. Con questi risultati l’elezione andrebbe al ballottaggio e i due candidati più votati si affronterebbero  il 28 maggio[2].

 Il CHP é il partito più vecchio di Turchia. Il suo fondatore é Mustafa Kemal Atatürk, il padre della Turchia moderna. CHP ha governato il paese come partito unico nel periodo 1923-1945. Questo periodo era l’epoca “rivoluzionaria” della Turchia moderna, in cui sono state realizzate numerose riforme. Negli anni sessanta, lo stesso CHP ha riformato il suo programma politico e si é trasformato in partito socialdemocratico. Il partito é stato chiuso e bandito dal regime militare dopo il colpo di stato di 1980, il suo leader Bülent Ecevit (1925-2006) imprigionato. Nella Turchia degli anni 1980, l’islamismo e il nazionalismo hanno raccolto i sostenitori tra le classi popolari. Questo ha spianato la strada all’arrivo degli islamisti al potere nel 2002.

Kılıçdaroğlu, esperto burocrate che ha servito come direttore generale dell’Organizzazione di Sicurezza Sociale, rappresenta l’opposto di ciò che viene rappresentato da Erdoğan in politica. Soprannominato il “Gandhi turco”, la sua immagine pubblica é di un burocrate laborioso, tranquillo e modesto. Il suo manifesto elettorale include il ritorno al sistema parlamentare,alla Convenzione di Istanbul e alla libertà di stampa. Dal punto di vista sociale, propone un supporto nutrizionale gratuito per bambini in età scolare, la risoluzione della grave questione abitativa ed uguale retribuzione a parità di lavoro. La transizione verde é un altro elemento importante del manifesto, e sarebbe supportata da una “banca del clima” da istituire. In politica estera, la risoluzione dei problemi con Armenia e Grecia, la contribuzione alla pace armeno-azera sono menzionate come priorità regionali. La libera circolazione dei cittadini turchi nella zona Schengen é la promessa più popolare del manifesto. La questione dei profughi siriani (secondo i numeri ufficiali, il loro numero é vicino a quattro milioni, ma ci sono anche stime  più alte) è uno dei punti critici dell’agenda da risolvere nel dialogo con l’Unione Europea. [3]

Sebbene Kılıçdaroğlu abbia maggiori probabilità di vincere, è difficile fare una previsione precisa. Chi vincerà le elezioni dovrà affrontare una situazione economica molto preoccupante. La Turchia sotto Kılıçdaroğlu, col suo atteggiamento pro-occidentale e democratico, può ottenere gli investimenti esteri tanto necessari. Tuttavia, il successo della democratizzazione in Turchia non dipenderà solo da Kılıçdaroğlu e dai suoi alleati o dalle dinamiche interne della Turchia. I democratici ed i progressisti d’Europa dovrebbero anche sostenere lo sviluppo della democrazia in Turchia, perché una Turchia democratica è un’assicurazione non solo per la Turchia ma anche per l’Europa, il Medio Oriente e la vasta regione eurasiatica. In un mondo in cui la democrazia è regredita contro i regimi autoritari, la democrazia non è più una questione solamente nazionale per nessun paese.


[1] http://www.liberation.fr/planete/2017/04/17/referendum-turc-victoire-etriquee-et-truquee_1563373/

[2] http://tr.euronews.com/2023/04/27/cumhurbaskanligi-secimi-son-anketlerin-ortalamasi-kac-kilicdaroglu-ve-erdogan-kac-oy-aliyo

[3] Per un riassunto del manifesto, vedi http://www.gazeteduvar.com.tr/millet-ittifaki-ortak-mutabakat-metnini-acikladi-haber-1600760. Il testo completo del manifesto si può scaricare dal sito di CHP: http://chp.org.tr/yayin/ortak-politikalar-mutabakat-metni/Open

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