Questo articolo fa parte di una serie di approfondimenti tematici promossi da MondoDem sul “Rapporto Draghi” sul futuro della competitività europea. Crediamo che, per affrontare davvero le sfide delineate nel Rapporto, sia necessario declinare le sue proposte in chiave progressista, tenendo insieme innovazione, giustizia sociale e sostenibilità. Per questo abbiamo scelto di analizzare alcuni dei nodi principali emersi dal lavoro di Draghi, offrendo spunti e proposte utili al dibattito pubblico e all’elaborazione politica di chi vuole costruire un’Europa più equa, innovativa e democratica.
Il Rapporto Draghi dedica ampio spazio alle vulnerabilità esterne dell’UE, concentrandosi in particolare sulle materie prime critiche e sui semiconduttori, quali elementi essenziali per il futuro dell’industria europea.
Nel suo documento, Draghi connette i valori fondamentali dell’Unione Europea alla crescita e alla produttività. Ritiene infatti cruciale che l’UE sia in grado di fornire ai cittadini prosperità, libertà, pace, democrazia, giustizia e sostenibilità; valori che non possono essere sacrificati. L’unico modo per preservarli, secondo Draghi, è rendere l’Europa radicalmente più produttiva e autonoma, riducendone le vulnerabilità e il rischio di ricatti economici.
La crisi con la Russia ha evidenziato le forti dipendenze dell’Europa da attori esterni in settori strategici, in particolare in termini di risorse naturali. Sebbene i prezzi dell’energia siano diminuiti notevolmente rispetto al 2022, le imprese europee continuano a pagare l’elettricità da due a tre volte più cara rispetto agli Stati Uniti e i prezzi del gas naturale da quattro a cinque volte superiori.
Le materie prime critiche sono fondamentali per la transizione ecologica e digitale dell’UE, ma la loro crescente domanda globale sta ponendo nuove sfide. L’approvvigionamento è scarsamente diversificato e altamente dipendente da pochi fornitori. Per fare qualche esempio, litio, cobalto e nichel sono indispensabili per la produzione di batterie, mentre il gallio è essenziale per i semiconduttori. Materiali come il titanio e il tungsteno sono invece cruciali per il settore della difesa e dell’aerospazio. Un semplice smartphone, ad esempio, può contenere fino a 50 metalli diversi.
Nei prossimi anni, la domanda di questi materiali aumenterà significativamente: secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), entro il 2040 il fabbisogno di minerali per le tecnologie pulite potrebbe crescere da quattro a sei volte. Questo trend potrebbe generare nuove dipendenze e rendere più costoso o difficile per l’UE progredire nei suoi obiettivi strategici.
In alcuni casi, la dipendenza è estrema: la Cina detiene una posizione predominante nell’estrazione globale delle terre rare, con il 68% della produzione, mentre controlla il 70% della produzione di grafite. Il 74% della produzione mondiale di cobalto è concentrato nella Repubblica Democratica del Congo, dove la Cina possiede 15 delle 19 miniere di rame e cobalto. Anche nel settore della raffinazione, la concentrazione è altissima: la Cina detiene la metà degli impianti chimici di litio, mentre l’Indonesia controlla quasi il 90% degli impianti di raffinazione globale del nichel.
La collusione potrebbe diventare una fonte di preoccupazione in futuro: sebbene non esista un’organizzazione di Paesi esportatori di materie prime critiche equivalente all’OPEC, la possibilità di un coordinamento tra i Paesi esportatori rappresenta un rischio significativo per l’UE. Circa il 40% delle importazioni europee proviene da un numero ristretto di fornitori, difficilmente sostituibili, e circa la metà di queste importazioni giunge da Paesi con cui l’Europa non è strategicamente allineata. Ciò espone l’Europa a ipotetici “arresti improvvisi” delle forniture, legati a tensioni geopolitiche.
La quota dell’UE contribuisce a meno del 7% della produzione globale della maggior parte delle materie prime critiche e, a differenza dei combustibili fossili, non solo dipende dalle importazioni, ma anche dalla lavorazione e raffinazione di questi materiali. Nel settore dei semiconduttori, la situazione è ancora più critica: tra il 75% e il 90% della capacità globale di produzione di wafer di silicio si trova in Asia.
Per affrontare queste vulnerabilità, il rapporto propone un insieme di azioni strategiche, molte delle quali richiedono un impegno politico e finanziario coordinato a livello europeo:
- Diversificare le forniture attraverso nuovi accordi con Paesi produttori, sviluppando partenariati strategici (sull’esempio del Global Gateway) che includano investimenti in infrastrutture di estrazione e raffinazione nei Paesi partner, garanzie europee sugli investimenti e programmi di capacity building locali.
- Creare scorte strategiche comuni per rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento, tramite un meccanismo obbligatorio di stoccaggio a livello UE simile a quello già introdotto per il gas naturale.
- Semplificare e accelerare le procedure di autorizzazione per lo sviluppo di nuove miniere e impianti di raffinazione nell’UE, introducendo una “corsia preferenziale” per i progetti di interesse strategico europeo.
- Istituire una piattaforma di acquisto collettivo per negoziare migliori condizioni di fornitura, seguendo l’esperienza positiva della joint procurement dei vaccini durante la pandemia.
- Creare un Comitato europeo per le Materie Prime Critiche, incaricato di coordinare gli sforzi degli Stati membri, monitorare le catene di approvvigionamento e suggerire interventi rapidi in caso di interruzioni.
- Potenziare la ricerca e l’innovazione per sviluppare materiali alternativi, processi di riciclo avanzati e tecnologie di produzione meno dipendenti da materie prime critiche, finanziando questi progetti nell’ambito di Horizon Europe e creando un fondo dedicato per l’innovazione nelle catene di valore strategiche.
- Sviluppare strumenti finanziari europei per sostenere l’intera catena del valore: un fondo di investimento pubblico-privato per stimolare la capacità produttiva, abbinato a incentivi fiscali per le imprese che sviluppano soluzioni resilienti e sostenibili.
Secondo Draghi, l’unica condizione per attuare queste strategie con successo è che l’UE agisca in modo unito e coordinato, sfruttando il proprio peso economico come leva nei mercati internazionali.