Sulla difesa, LeU dà i numeri

Di V.B.

In materia di difesa, il programma elettorale del partito di Grasso mutua interamente il più vetusto armamentario ideologico della sinistra radicale.  Il fatto che il tema sia inquadrato nel punto del programma denominato “Pace e Disarmo” dice tutto (se non altro, il titolo è coerente con il contenuto).

In realtà, di veri e propri temi di difesa il programma di LeU di difesa non parla quasi affatto. Esordisce riaffermando il principio costituzionale del “ripudio della guerra”, dimenticandosi al solito il resto dell’art. 11 della Costituzione, e dichiara di voler perseguire “politiche attive di pace e disarmo” nonche’ “una politica estera di pace”.

Questo rafforzando “le politiche di cooperazione e solidarietà internazionale” e di “promozione dei diritti umani” attraverso “l’applicazione delle convenzioni internazionali” e il rifiuto dell’“interventismo militare al servizio di una logica di guerra”. Di qui una delle due proposte concrete nel programma: l’istituzione di un Dipartimento della difesa civile, che promuova iniziative multilaterali di risoluzione pacifica dei conflitti. Bene.

La seconda proposta è la richiesta “non rinviabile” di una riduzione delle spese militari, motivata dalla spesa eccessiva che sarebbe stata investita finora nella difesa: secondo LeU, “i dati reali (analizzati e diffusi dall’”Osservatorio italiano sulle spese militari italiane”) ci dicono che negli ultimi 10 anni di recessione e di tagli in tutti i comparti sociali, la spesa pubblica militare italiana è invece aumentata del +21% con una crescita costante”.

Come si può facilmente verificare, la stessa fonte (tra l’altro essa stessa di orientamento esplicitamente pacifista) scrive che “Prendendo in considerazione l’ultimo decennio (2008-2017), le spese militari italiane fanno registrare un aumento del 2,2 per cento a valori correnti (che diventa un calo del 7,3 per cento a valori costanti) a parità di rapporto spese/PIL”.

Non un aumento del 21% dunque, ma un taglio del 7,3%. Che, ad essere pignoli, è ancora maggiore dato che l’Osservatorio include nella “spesa per la difesa” anche le pensioni pagate dall’INPS agli ex militari, aumentate – secondo gli autori – di quasi mezzo miliardo nel periodo in questione.

Il 21% strombazzato da LeU è invece l’aumento della spesa a valori correnti, pari ad un aumento reale del 4%, rispetto all’anno 2006. Come si evince dal grafico sottostante, per un biennio e a partire dal 2006 la difesa conobbe un modesto quanto momentaneo incremento, in un panorama pero’ di generale depressione. E proprio dal 2006 LeU decide di far partire il calcolo, distorcendo volutamente la realtà e ingannando i citadini per portare a casa il punto. Ora, tutti i partiti selezionano i dati per evidenziare quelli più comodi, ma qui la manipolazione è talmente grossolana da risultare grottesca.

A parte inventare un inesistente aumento delle spese militari, il programma prevede di far rispettare all’industria italiana degli armamenti le norme internazionali ed europee e di sottoscrivere e promuovere il Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Le implicazioni, naturalmente, non vengono prese in alcuna considerazione.

E questo è quanto. Nessuna menzione della necessità (o meno, legittimamente) di approfondire la riforma dello strumento militare nazionale: nulla sulle aspirazioni della difesa europea e atlantica: il vuoto sulle nuove sfide asimmetriche e il ruolo dei militari: zero sulle questioni industriali: niente sulla incombente rivoluzione tecnologica: e così via, per non risultare monotoni.

Grasso e Bersani devono aver pensato che non si guadagnano molti voti ragionando seriamente di difesa. Viceversa, vellicare i più bassi istinti dell’elettorato “de sinistra” può rafforzare la non molto solida credibilità di LeU in certi ambienti. Tanto, una volta al governo, si può sempre cambiare idea.

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