L’Italia e l’Europa si trovano nel mezzo di una trasformazione epocale. La grande promessa del prossimo decennio risiede in una modernizzazione della nostra economia, un rinnovo delle istituzioni democratiche e l’approdo a un modello sociale più equo. Queste trasformazioni sono però processi fragili, suscettibili a minacce vecchie e nuove alle quali il nostro paese è soggetto a causa della propria posizione nel panorama globale. Urge quindi una discussione su come l’Italia debba ripensare le proprie priorità anche nell’ambito della sicurezza esterna e interna, e su come le istituzioni democratiche debbano adattarsi per minimizzare i rischi per la salute dei cittadini, l’economia e lo Stato di diritto.
Affrontare queste sfide non sarà facile, soprattutto a causa di un apparato di sicurezza (inteso in senso ampio, e includente, oltre ad intelligence e Difesa, anche il ruolo degli Esteri) calibrato sulle esperienze del secolo scorso. Durante la Guerra Fredda l’obiettivo delle nostre istituzioni era contenere le minacce all’equilibrio internazionale e preservare la stabilità nel paese e nel nostro vicinato. Questi compiti assumono una diversa valenza quando la stabilità viene a mancare e quando i focolai di crisi diventano così numerosi da diventare la norma, non eventi circoscrivibili. Questa è una grande occasione per il Partito Democratico.
Come formazione di sinistra abbiamo l’ambizione di migliorare il mondo e di plasmare il contesto in cui l’Italia e i nostri alleati operano, non solo di evitare il peggio o conservare un ordine ormai sparito. Le proposte discusse durante l’Agorà “Difendere la Ripresa”, tenuta a Roma il 26 ottobre 2021, hanno proprio l’ambizione di stimolare il rinnovamento degli strumenti istituzionali con cui l’Italia agisce, all’estero e dentro ai confini nazionali, per garantire l’integrità e il benessere della propria società.
L’Agorà ha riunito esperti specializzati in diversi campi, con un passato nelle forze armate o nel corpo diplomatico, insieme a rappresentanti eletti attivi nelle commissioni parlamentari rilevanti e a giornalisti ed esponenti della società civile, proprio per lanciare una discussione che rifletta la diversità delle minacce a cui dobbiamo trovare risposta. Il fil rouge comune individuato per i comparti analizzati passa attraverso tre concetti chiave: integrazione, condivisione e comunicazione. L’approccio delle nostre istituzioni necessario a tradurre queste idee in pratica dovrà essere necessariamente di apertura verso le competenze e le professionalità esterne al classico dualismo diplomatico-militare, per poter raggiungere un livello di conoscenza olistico che possa consentire di prevenire, gestire ed affrontare tutte le sfide, le opportunità e le minacce della società contemporanea, contrapponendo la logica del “need to share” a quella del “need to know”.
Questo non potrà che avvenire congiuntamente a un aumento delle risorse dedicate al complesso esteri-sicurezza-difesa. Idealmente, queste dovrebbero raggiungere almeno il 3% del nostro prodotto interno lordo: considerando le necessità presenti nei tre campi, un punto di partenza utile sarebbe una ripartizione di questa spesa come segue: lo 0,3 di PIL per il nostro servizio diplomatico, a cui si può aggiungere uno 0,7 per aiuti e sviluppo internazionale e infine il 2% per la Difesa. Tenendo a mente l’imprescindibile aumento della spesa in questo complesso, questo documento raccoglie le proposte più ampiamente condivise e ritenute cruciali per affrontare gli anni ’20 con strumenti adeguati e democraticamente legittimi.