Tunisia2020: Luci e ombre di uno sviluppo incentrato sui capitali stranieri

La Tunisia ancora fatica a elaborare risposte efficaci e coerenti ai problemi socio-economici generati da scellerate politiche autoritarie e clientelistiche del regime di Ben Ali e dalla cattiva gestione delle dinamiche globalizzanti. Un fil rouge che accumuna i diversi governi che si sono succeduti dopo l’insurrezione del 2011 che ha messo fine all’autocrazia di Ben Ali, in sintonia con le agende dei donors internazionali, è l’attrazione di investimenti esteri come priorità per avviare il motore dello sviluppo.

Nel quadro di questa strategia, il 29 e il 30 novembre ha avuto luogo a Tunisi la conferenza internazionale Tunisia 2020 – Road to Inclusion Sustainability and Efficiency. Obiettivo di questo evento era raccogliere quante più risorse possibili per finanziare un ambizioso piano piano di sviluppo quinquennale di 141 progetti pubblici, privati e in partenariato pubblico-privato per un valore complessivo compreso tra i 50 e i 60 miliardi di euro.

Ispirata alla conferenza egiziana di Sharm el-Sheikh del marzo 2015, Tunisia 2020 ha coinvolto circa 1.500 partecipanti e ottenuto impegni per circa 14 miliardi di euro. Si tratta tuttavia di un risultato al di sotto del prefissato obiettivo di 20-25 miliardi di euro e che si basa in buona sostanza sulle promesse di attori internazionali – Unione europea, Banca europea per gli investimenti (BEI), Banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) o l’Arab Fund for Economic and Social Development – o governativi – Qatar e Kuwait in testa, seguiti da Francia, Italia (360 milioni di euro tra doni e prestiti su 4 anni), Svizzera, Canada e Germania.

Inoltre, di questi 14 miliardi, una buona parte è in forma di prestiti a medio-lungo termine, cosa che andrà ulteriormente a gravare sulla condizione di crescente indebitamento estero della Tunisia. Dall’altra parte, il ruolo degli investitori privati nel dispiegamento di fondi per i progetti di sviluppo in Tunisia è stato di fatto assai limitato.

Gli obiettivi indicati nel piano quinquennale e buona parte dei progetti presentati durante la conferenza indicano una presa di coscienza di quali siano le priorità di sviluppo economico per la Tunisia, dalla riperequazione delle disparità regionali a un avanzamento del Paese verso attività a più alto valore aggiunto lungo le filiere di produzione mondiali. Tuttavia per una piccola economia come la Tunisia, povera di importanti e abbondanti risorse naturali, attirare investitori stranieri facendo leva sul fatto di essere l’”unica democrazia del mondo arabo” difficilmente risulterà una strategia vincente, indipendentemente dalla qualità dei progetti.

Più plausibile è che, in linea con le politiche adottate nel Paese da metà degli anni Settanta, i principali fattori attrattivi continuino a essere agevolazioni fiscali e basso costo della manodopera, con conseguente allocazione dei capitali internazionali in attività di delocalizzazione per produzioni a basso valore aggiunto, non certo verso i progetti di Tunisia 2020.

Per tale ragione è fondamentale che, anche a livello di cooperazione internazionale, si affermi la consapevolezza che le politiche a promozione degli investimenti debbano essere elaborate con maggiore cura, con una più dettagliata analisi dei settori prioritari e dei relativi incentivi da dispiegare, oltre che più circostanziate considerazioni sulle implicazioni sociali, da considerarsi altrettanto prioritarie e non ancillari all’accumulazione di capitale.

L’Italia, presente a Tunisia 2020 con una delegazione di imprenditori guidati dal sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova e dal direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo Laura Frigenti, non può astenersi da tali riflessioni se intende farsi promotore attivo di un più inclusivo sviluppo in Tunisia.

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