Perché la Tunisia è importante per l’Italia e per l’Europa
- L’Italia ha un vitale interesse nella stabilizzazione democratica e nel consolidamento istituzionale della Tunisia. Rafforzare la stabilità tunisina all’interno di un sistema democratico vuol dire fornire un esempio virtuoso ai popoli del Nord Africa e del Medio Oriente, e soprattutto ai giovani, delusi dalle Primavere arabe. Nel medio termine, l’esempio tunisino può dimostrare loro che è possibile venir fuori dallo stato di dittatura e stagnazione economica arrivando a democrazia e prosperità attraverso un processo pacifico, alternativo a quello propinato dalla propaganda estremista di riaffermazione sociale e identitaria attraverso una ideologizzazione radicale e l’uso della violenza.
- La Tunisia può diventare un teatro di rilancio per il ruolo dell’Italia in Europa come Paese di riferimento per la regione mediterranea: fare da sponsor in Europa alla giovane democrazia tunisina e alla sua economia rafforzerebbe la proiezione dell’Italia in Europa e nel Mediterraneo (dando inoltre seguito alla prima visita simbolica del Primo Ministro Matteo Renzi proprio in Tunisia).
- Per motivi storico-geografici la Tunisia è un partner economico naturale per l’Italia. L’Italia è già il secondo partner economico della Tunisia (subito dietro la Francia) e potrebbe presto diventarne il primo. Una Tunisia stabile e democratica potrebbe quindi rappresentare ancora di più uno sbocco interessante per gli investitori e le imprese italiane.
- Dimostrare che l’Unione europea (UE) supporta concretamente gli sforzi di trasformazione democratica in Tunisia conferirebbe maggiore credibilità agli impegni europei ed italiani in questo campo e offrirebbe ai regimi degli altri Paesi della regione un incentivo per infondere maggiori sforzi nel rinnovamento delle proprie istituzioni. Questo permetterebbe all’Unione di avviare un importante processo di rilancio delle proprie relazioni con i vicini meridionali, rafforzando e rinnovando l’equazione Europa-Democrazia-Prosperità-Sicurezza alla base della Politica Europea di Vicinato come pensata già da Prodi nel 2002.
Cosa fare
L’Italia ha già preso alcune iniziative importanti. Il taglio di 25 milioni di euro del debito tunisino e la promessa di reindirizzare verso Tunisi una parte dei finanziamenti provenienti dal piano Juncker sono stati passi importanti dal valore simbolico prima ancora che concreto. Un sostegno decisivo alla Tunisia non può però venire solo attraverso soluzioni nazionali. L’Italia deve farsi promotrice di un programma europeo di sostegno alla Tunisia assieme agli altri Stati membri dell’Unione europea. Ecco una serie di azioni da svolgersi nell’immediato e nel medio-lungo termine, per il raggiungimento delle quali l’Italia deve svolgere una funzione di leadership.
Nell’immediato:
- Conferenza dei donatori: L’Italia, di concerto con la Francia e altri Paesi europei, può farsi promotrice di una conferenza internazionale di donatori dove si discuta di aiuti finanziari immediati per la Tunisia e si concertino le iniziative della comunità internazionale. Il primo obiettivo di questa conferenza è dare legittimità internazionale agli sforzi della Tunisia per mantenere le sue giovani istituzioni democratiche e al contempo combattere il terrorismo. Il denaro raccolto compenserebbe inoltre la Tunisia delle perdite che la minaccia terroristica sta comportando per il turismo (settore cruciale della sua economia) e sosterrebbe l’impegno delle forze di sicurezza tunisine per contrastare nuovi attentati e combattere la minaccia estremista in Nord Africa, obiettivo primario anche per l’Italia e l’Europa. Una conferenza del genere servirebbe anche per rilanciare nell’immediato il ruolo dell’Europa e dell’Italia nel Mediterraneo evitando anche che la Tunisia debba rivolgersi ad altri donatori meno interessati al suo sviluppo democratico come le monarchie del Golfo. È molto importante sottolineare però come questa iniziativa da sola rischi di non produrre una stabilizzazione di lungo periodo se non inserita in un processo politico più ampio di sostegno alle istituzioni democratiche tunisine e deve essere seguita da altre azioni nel medio termine.
Nel medio termine:
Le politiche a sostegno delle istituzioni tunisine e dell’economia del Paese andranno prese soprattutto in sede europea. Nella promozione di tali azioni l’Italia deve avere un ruolo determinante. Un’ottima finestra di opportunità è data dalla ridefinizione della Politica Europea di Vicinato, che nei prossimi anni dovrà essere adattata allo scenario 2015 di competizione con la Russia e forte volatilità politica nel mondo arabo. L’Italia deve essere presente e propositiva per far sì che la nuova politica europea verso i Paesi mediterranei e la Tunisia sia adatta ad affrontare le sfide attuali.
Di seguito sei punti concreti in cui tali politiche europee devono delinearsi:
- All’interno della Politica Europea di Vicinato (PEV), l’UE deve concedere alla Tunisia lo “status avanzato” (advanced status) di partenariato, al pari di Marocco e Giordania, per riconoscere l’importanza dei legami fra UE e Tunisia e valorizzare la transizione democratica in corso nel Paese. Con tale status, la Tunisia può entrare a far parte di diverse agenzie europee (incluse FRA ed EASO su diritti umani e asilo/migrazione) e partecipare a diversi programmi europei (incluso Erasmus). Una attenzione specifica nella possibile partecipazione ai programmi europei va dedicata ai giovani.
- Avviare un processo per la libera circolazione dei lavoratori tra UE e Tunisia, prima tramite l’accordo di mobility partnership firmato nel marzo 2014, e quindi attraverso 6 un processo di facilitazione (VFA) e liberalizzazione (VLA) dei visti Schengen. In entrambi i casi, l’esempio da seguire è quello della Moldavia, che ha firmato la mobility partnership nel 2008 e ottenuto la liberalizzazione dei visti nel 2014. Un partenariato più efficace sul fronte della mobilità è fondamentale e non deve essere penalizzato a favore di considerazioni sulla sicurezza legate al recente attentato di Tunisi. Il processo di liberalizzazione dei visti include già il sostegno al rafforzamento delle capacità amministrative di controllo (sicurezza dei documenti, controlli di frontiera, etc).
- Portare a termine la negoziazione dell’area approfondita di libero scambio DCFTA (Deep and Comprehensive Free Trade Area), ed espanderla per coprire le aree principali di vantaggio comparato per la Tunisia.Particolare attenzione andrebbe inoltre riposta nel superamento almeno parziale delle significative barriere non tariffarie che ad oggi bloccano l’accesso di alcuni prodotti d’eccellenza del settore tunisino dell’agroalimentare.Il successo di tale progetto potrebbe aprire la strada ad una unione doganale come quella oggi esistente tra UE e Turchia.Fra queste:
- Prodotti elettronici
- Componenti per l’aereonautica
- Tessile
- Prodotti farmaceutici
- Servizi ITC
- Trasporti e logistica
- Operazione dal grande valore simbolico sarebbe prima di tutto lavorare in cooperazione con gli altri paesi UE per stabilire uno status di Paese osservatore al Consiglio d’Europa che consenta alla Tunisia di prendere parte alle attività dell’organizzazione (Assemblea Parlamentare PACE e non solo). In cambio, la Tunisia dovrebbe impegnarsi al rispetto dei diritti umani fondamentali come indicati nella CEDU, e all’adesione a Convenzioni aperte, come la Convenzione-Quadro del Consiglio d’Europa per la protezione delle minoranze nazionali. Tali impegni potrebbero valere la creazione di uno status di Paese associato al Consiglio d’Europa, in maniera da garantire l’ancoraggio del Paese alle istituzioni europee.
- Il rafforzamento delle fragili istituzioni democratiche tunisine deve essere perseguito non solo attraverso operazioni simboliche. L’UE può contribuire in maniera significativa attraverso gli strumenti finanziari European Neighbourhood Instrument (ENI) e European Instrument for Democracy and Human Rights (EIDHR), ma anche rafforzando il neonato European Endowment for Democracy(EDD), che è stato creato con l’obiettivo di sostenere attori del cambiamento e soggetti emergenti nel vicinato europeo. Sono ancora molte le azioni da intraprendere per ristabilire uno stato di diritto funzionante, in particolare con iniziative mirate alla riforma dei settori della giustizia e della sicurezza, nonché della promozione del rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, a partire dai diritti delle donne. E’ prioritario, ad esempio, spingere perché venga messa fine alla giurisdizione dei tribunali penali militari sui civili. L’UE sta già lavorando su queste questioni con il progetto SPRING (Programma d’appoggio alla riforma della giustizia) ma è necessario proseguire nell’impegno.
- Infine, è fondamentale che qualunque sostegno finanziario alla Tunisia prenda adeguatamente in considerazione le strutturali disuguaglianze che dividono le regioni della costa da quelle del sud e dell’interno, nonché l’alto grado di disparità che caratterizza la società tunisina nel suo complesso, che è la principale eredità socioeconomica della dittatura. Tali problemi sono stati fattori scatenanti della ribellione nel 2011 e ancora oggi sono alla base dei fenomeni criminali-terroristici che mettono in pericolo la stabilità del Paese. Come hanno dimostrato esempi anche recenti nel vicinato europeo, dalla Libia all’Ucraina, se le strategie europee non tengono debitamente conto delle specificità locali e delle cause prime delle crisi rischiano di acutizzare l’instabilità e minacciare direttamente la pace. Occorre dunque modulare gli interventi sulla base della realtà economica, sociale e politica tunisina, attraverso una stretta collaborazione con le istituzioni tunisine, la società civile e il settore privato.
Con la collaborazione con Clara Capelli, Ph.D, consulente presso la Banca Africana per lo Sviluppo (sede di Tunisi).